“[…] Le merci scorrono per quella nobile città […] da ogni luogo giungono merci e mercanti, che comperano le merci che preferiscono, e le fanno portare al loro paese”
Storie di mercanti veneziani che contribuirono alla commercializzazione ed esportazione di beni di prima necessita e di vini veneti verso altri paesi fin dai tempi più remoti.
Un’ambiziosa Repubblica Marinara che nel Medioevo esportava vini locali e prodotti delle proprie manifatture tessili, cotone e derrate alimentari, facendo anche da mediatore importante tra l’occidente commerciale e l’Impero bizantino.
Qui vennero create leggi per proteggere i vigneti veneti con editti “Ad Hoc”, grazie anche al re dei Longobardi Rotari.
I vini sono stati importati dalla Grecia fin dai tempi più antichi, ma l’introduzione della vite risale al periodo Etrusco; i veneziani disponevano di grano e vino sempre, si diceva negli uffici doganali del tempo.
La malvasia ed altre nuove specie come i rossi Istriani, vennero introdotte qui grazie alle capacità commerciali di questi mercanti, che importarono questi vigneti da fuori, dai vicini Friuli e Dalmazia.
Tradizioni commerciali antiche che diedero opportunità nel campo dell’enologia e che sfociò, dopo l’avvento della fillossera e dell’oidio, nella fondazione della scuola Enologica di Conegliano nel 1876 e della Stazione Sperimentale di Viticoltura ed Enologia nel 1923, centri di eccellenza dell’enologia e ricerca italiana.
Sperimentazione, tipicità ed unicità di questo territorio così variegato che regala microclimi diversi, catene montuose, zone collinari, e zone pianeggianti, suoli alluvionali o vulcanici, e di conseguenza un ventaglio incredibile di vitigni autoctoni alcuni riscoperti a beneficio della biodiversità ed in aiuto del clima, dopo aver rasentato l’estinzione.
Patrimonio di autoctoni e diversità territoriale
Vigne a perdita d’occhio, e “Botti grandi come case”: questo è il Veneto. La vite fa parte dell’identità di questo paesaggio caratteristico da sempre, fin dai tempi dei romani: varietà autoctone e forme di allevamento locali, vigneti che disegnano il territorio.
Da ovest ad est panorama mozzafiato, da occidente abbiamo il Garda con il suo impatto ed influenza sul clima che regala terreni morenici nella zona del Bianco di Custoza e del Lugana, dove fanno da padrone le uve Garganega e Trebbiano, mentre per i rossi ritroviamo la corvina veronese come base del Bardolino.
Spostandoci nel veronese e verso l’interno, le due grandi zone di eccellenza sono l’area dei rossi della Valpolicella e quella dei bianchi del Soave.
I vitigni sono molti e differenti: quelli a bacca rossa utilizzati per i grandi vini come Amarone e Ripasso, come ad esempio la Corvina e il Corvinone, derivanti dalla stessa famiglia di vitigni, originari di questa zona ed entrambi dall’intensa colorazione scura quasi nera (scura come il corvo);
la Molinara, che dal dialetto mulinare = mulino e definita come uva salata, sempre a bacca rossa, con elevata acidità, fragrante e trasparente; l’Oseleta ritrovata da poco e di nuovo protagonista, con un’ elevata acidità, tannino ed un colore impenetrabile. Un vitigno che ha poca produttività, ma senza dimenticare che si è di fronte a un patrimonio viticolo veneto di una certa importanza, introdotta nel 2003 nel disciplinare dell’Amarone della Valpolicella.
Rondinella, ancora sconosciute le sue origini, ma importante per Bardolino, Valpolicella e Amarone, accumula molto zucchero, e per questo viene spesso in aiuto per la produzione di Recioto, dal colore nero e bluastro, i cui acini ricordano il piumaggio di una rondine.
La Durella, molto antico e proveniente dalla zona anch’esso del veronese, famoso per la sua durezza degli acini, e spesso vinificato con macerazione di parti solide, presentando cosi un’elevata acidità tale per cui si è reso particolarmente adatto alla spumantizzazione.
Infine, la Dindarella poco produttivo, riscoperto e prodotto in purezza con vinificazioni differenti per il Veronese Igt Dindarella, regala note di amarena e ciliegia succulenta e profumi speziati di noce moscata e pepe verde, vellutato e delicato, una piccola perla ricoperta e rilanciata da Aldegheri.
Le Terre di Soave sono uno dei bacini più interessanti del paese per i bianchi di qualità, tutto centrato sull’autoctono bianco Garganega e Trebbiano, su una base di matrice calcarea o vulcanica, tufaceo o argilloso: questo vitigno mostra il suo valore in tutti questi terreni, profumi non aromatici, ma sentori eleganti come la mandorla i fiori bianchi e la frutta a polpa bianca, profili espressivi che si allontanano dai classici internazionali bianchi, ma che per alcuni produttori è un’occasione di sfida per far diventare articolati questi profumi, dandogli profondità e persistenza degna di un grande bianco da invecchiamento: ricco, succoso, sapido e deciso.
Nel Vicentino famoso è il Torcolato di Breganze, il “liquore sopraffino che si fabbrica a Breganze”, prodotto con il 100% di vitigno Vespaiola nome che deriva dalla sua grande appetibilità per le vespe, grande acidità, fatto per appassimento con i grappoli più spargoli, mentre le uve più compatte sono destinate alla produzione di vini bianchi;
il Torcolato è la versione dolce di quest’uva che ci dà vini strutturati ed intensi, con sentori di miele fiori, vaniglia, e canditi, prodotto dall’appassimento dei grappoli appesi e annodati da cui deriva il nome di torcolato ovvero ritorto/attorcigliato.
Nella zona Trevigiana abbiamo sì la presenza in grandi quantità di uve Glera, originario dell’Istria, famoso per l’utilizzo nella grande produzione di prosecco, molto robusto e vigoroso, con caratteristiche tipiche di acidità elevata e aromi ampi, frutta polpa bianca, agrume e mela verde, ma anche di altri vitigni ammessi in questa denominazione importante, e in minori quantità, quali: Bianchetta trevigiana, Pereira e Verdiso.
La Bianchetta trevigiana, tradizionalmente veniva vanificata in legno con macerazione di qualche giorno, per darle trama tannica, longevità, pur mantenendo l’acidità, oggi invece la si vinifica in versione spumante metodo Charmat, fresco sapido e con sentori che ricordano le erbe mediterranee le spezie e la frutta tropicale; mentre il vitigno Pereira che era scomparso con la fillossera, oggi è stato ritrovato, ed il nome potrebbe derivare dal ricordo della polpa della pera, molto profumato ed intenso con una produzione però molto limitata; infine Il vitigno Verdiso, con fresca acidità e sapidità, spesso utilizzato in assemblaggio con l’uva Glera, che rilascia una nota amaricante tipica sul finire del sorso.
Il vitigno più antico del Trevigiano, prima dell’arrivo dell’uva Glera, è il vitigno Boschera, presente oggi in Veneto per 6 ha, vinificato in purezza per la versione Colli Trevigiani Igt Boschera Frizzante, oppure per il torchiato di Fregona, assemblato a gliela e Verdiso: versione passito, ricco di aromi e profumi di miele e vaniglia, con una grande struttura e sentori di frutta secca pungenti.
Il padovano è rappresentato da vitigni sempre autoctoni della zona ma in particolare da citare il Tocai Rosso dei colli Berici, quello più legato a questo territorio, con la sua buccia sottile che regala vini trasparenti, con profumi di rosa e fiori di campo, melograno, marasca e ribes, ed una nota di macchia mediterranea erbacea, fresco e sapido grazie ai terreni dove cresce.
Infine come non nominare nella zona Veneziana, la denominazione forse poco conosciuta come tale: Lison docg, che pero trattasi di un vitigno abbastanza famoso da essere conosciuto come tocai friulano in Friuli-Venezia Giulia, oppure da questo versante chiamato Tai, bianco secco dalla spiccata personalità con profumi floreali vegetali, e frutta a polpa gialla come albicocca e pesca gialla anche lui con una nota di mandorla che lo contraddistingue.
Magia e tipicità in diversi bocconi
Innamorarsi a Verona e di Verona, tra storie e figure del passato, nel luogo di Romeo e Giulietta, del loro balcone, tra le sinuose anse dell’Adige, e le strade medievali, con i piatti tradizionali e vini di eccellenza della zona è un gioco facile: un aperitivo in piazza delle Erbe ed un risotto all’amarone per cominciare, fatto come da tradizione con il riso vialone nano coltivato nella bassa veronese, ideale per risotti elaborati in quanto assorbe bene le cotture e le mantecature, perfetto se abbinato con un calice di Amarone.
I Bigoli in salsa, sempre per ricordare il romanticismo della zona, una pasta fresca all’uovo che ricorda gli spaghetti di Lilli e Vagabondo ma invece di avere polpette sugose sono tipicamente serviti con le sarde. Questo è conosciuto come un piatto tipico del Natale o dei venerdì di Quaresima, quando non si mangia la carne: un piatto salato, con salsa d’acciughe, sarde e cipolle, facilmente accostabile al Soave, che richiama la sapidità e sgrassa le sarde.
Come per la tradizione enologica, anche quella culinaria è ricca di piatti variopinti, e tra una villa di Palladio ed un carnevale, nella zona vicentina abbiamo i bigoli (Bigoi) anche qui, ma conditi con il sugo di anatra, mentre all’aperitivo in questa zona non manca mai la soppressa vicentina, il salame tipico da accompagnare con il pane, entrambi ottimi con i rossi della vicina Valpolicella oppure con il rosso di media struttura e succoso come il Tai rosso, la versione rossa del tocai colli Berici.
Nel vicentino troviamo inoltre il baccalà preparato con lo stoccafisso, ovvero il merluzzo essiccato, messo a bagno in acqua per tre giorni, cotto poi a fuoco lento con abbondante cipolla, latte, e olio ed accompagnato con polenta gialla, perfetto in contrasto con il Breganze vespaiolo, sapido, intenso e floreale.
Quest’ultima uva in versione passito, ovvero il Torcolato, è perfetta se abbinata al dolce tipico chiamato fregolata o fregolotta, oppure sbrisolona, caratterizzata da una inconfondibile friabilità: la tradizione vuole che venga portata a tavola intera e rotta con un cucchiaio o con le mani. Il suo nome deriva dalla parola dialettale “fregola”, “sbrisa”, “rosegar”, a ricordare il suo aspetto “rosicchiato”, “sbriciolato”.
Dalla città del carnevale e dalle romantiche gondole, nonché in passato porta d’Oriente, impossibile tralasciare il fegato alla veneziana, qui cucinato, valorizzato e reso gustoso: fegato di vitello con cipolle che ha bisogno di tannini morbidi come quelli del Ripasso per essere accompagnato.
Nella zona di Treviso e Padova, troviamo infine il risotto al radicchio rosso trevigiano, molto diffuso nella cucina tradizionale, croccante, amarognolo e cremoso, facilmente abbinabile ai morbidi vini rossi della valpolicella, oppure ad una bolla fresca, sapida e sgrassante; mentre concludiamo con la Pasta e Fasoi immancabile nelle versioni con fettuccine spezzate, oppure tagliatelle sottili, ed i fagioli di Lamon IGP.
Un Veneto curioso, affascinate e variegato fin dai tempi più antichi, tra architettura palladiana, letteratura Shakespirana, scienza Galileiana, cultura enologia e gastronomica di elevata qualità; un Veneto sapiente e cosmopolita da sempre, che esplora e riscopre gli autoctoni del territorio e li ripropone in versioni originali; un Veneto di una natura che affascina e sorprende dai monti delle Dolomiti al mare dell’Adriatico; un Veneto dalla varietà di luoghi, vitigni e ricette di montagna, collina e pianura; un Veneto da conoscere, capire, ammirare, approfondire ed apprezzare fino all’ultimo boccone.