In alta quota: gli Appennini
I viaggi del vino proseguono, come promesso alla fine del viaggio tra i vini in alta quota, verso la parte Centrale e Meridionale d’Italia.
Percorriamo gli Appennini, quella spina dorsale che si contrappone alla catena montuosa delle Alpi, dividendo il Bel Paese in due versanti con differenze notevoli: quello adriatico/ionico e quello ligure/tirrenico.
La montagna più alta degli Appennini è il Corno Grande nel massiccio del Gran Sasso, siamo in Abruzzo e ci troviamo nel Parco nazionale del Gran sasso, scendendo più a sud tra Calabria e Basilicata giungiamo al Parco Nazionale del Pollino, con vette oltre i 2000 metri, fino ad arrivare alle vette vicino ai mille metri di altitudine, in una terra molto a sud, su un’isola: la Sicilia, dove il vulcano Etna e la terra circostante creano le condizioni per coltivazioni di incredibile qualità, producendo tra i vini più famosi e ricercati del Vecchio Mondo.
Gli Appennini sono più giovani rispetto alle montagne delle Alpi, sono formati da rocce calcaree dure e da argilla morbida, queste montagne sono più morbide con declivi più dolci rispetto alle Alpi; non mancano però punti panoramici di tutto rispetto, biodiversità, habitat esclusivi, e condizioni climatiche dell’ambiente montano da dare origine a vini dalla forte personalità ed espressioni uniche del Terroir circostante.
Trekking del Vino: Abruzzo, Calabria e Sicilia
Ci troviamo in una delle regioni più incontaminate dell’Italia centrale, un terzo di superficie dell’Abruzzo è ricoperto da colline e due terzi da montagne, si potrebbe viaggiare con uno zaino in spalla per chilometri in zone disabitate, borghi medievali perfettamente conservati, questa regione è inoltre meta di sciatori appassionati, e non ultimo il patrimonio di biodiversità agroalimentare con prodotti di elevatissima qualità: dallo zafferano dell’Aquila, ai fagioli e legumi dell’area aquilana, il farro di Laga, il miele ed i formaggi, nonché ovviamente il vino dei borghi montani: dal Cerasuolo al Montepulciano, dalla Passerina al Trebbiano o al Pecorino. Tutti vitigni autoctoni che si sono adattati nel tempo, alle condizioni climatiche estreme, immersi nella natura incontaminata grazie al vicino Parco del Gran Sasso.
La viticoltura in continuo divenire in questa zona d’Italia, comparto importante nella produzione agricola, regala il Pecorino, vino di montagna amato dalle pecore (da qui il nome) che pascolando tra i vigneti dimostravano appunto di amarne i frutti: importante struttura, e acidità spiccata grazie alle escursioni tipiche dell’altitudine, e gradazioni alcoliche importanti, giocando così, grazie anche agli esperti produttori, tra morbidezze e sapidità ricercandone il buon bilanciamento.
Il vino in questa regione riflette il carattere rurale circostante: il Montepulciano, vitigno a bacca rossa, naturalmente speziato e non troppo tannico, fresco ed elegante se coltivato in alture come queste, regala frutti rossi e a volte note sapide, pura espressione del territorio; mentre sempre da uve Montepulciano, troviamo anche il Cerasuolo d’Abruzzo, simbolo dell’enologia abruzzese nonché prima denominazione dedicata ai vini rosati in Italia, e che coniuga struttura e freschezza del vitigno. Spesso per questa produzione in antichità veniva separato il mosto dalle bucce subito, queste ultime venivano utilizzate per un’altra fermentazione e poi unite a fine fermentazione lasciando il colore e la struttura alla parte di mosto che era stata vinificata senza le bucce, del futuro Cerasuolo.
Questa tecnica era chiamata “svacata” da vaco acino, diffusa nelle cantine dove si faceva vino in antichità.
Appropinquandoci alla punta dello stivale, a nord della regione a cavallo tra Calabria e Basilicata, il Parco Nazionale del Pollino offre alture fino ai 2000mt, anche qui piste innevate per chi ama come me lo sci e percorsi di camminate di aree da scoprire come il Canyon delle gole del Raganello, o aree dove sono conservate le colate laviche sottomarine emerse in superficie come la Timpa delle Murge e di Pietrasso.
Il Parco riconosciuto Patrimonio dell’UNESCO nel 2015, il cui simbolo è il Pino loricato, conserva anche aree boschive di faggi, castagni e cerri, zone dedicate alle erbe aromatiche e frutti di bosco, e spazi aperti dedicati alla coltivazione del grano; non può mancare ovviamente a queste altitudini e con questa biodiversità, la coltivazione della vite, varietà autoctone come Gaglioppo, Greco Nero, la Guarnaccia bianca o il Magliocco canino che spesso veniva utilizzato come vitigno da taglio per dare corpo e struttura ai vini locali, oggi invece riscoperto per essere vinificato in purezza rilascia profumi autentici e sentori di frutta a bacca scura matura come la prugna e profumi che richiamano le erbe aromatiche del Parco come il timo e la menta, una beva fresca e morbida con un tannino ben presente.
In generale grazie alle altitudini anche qui ritroviamo nei vitigni tipici dalle caratteristiche del caloroso e succulento sud, la freschezza dell’acidità e profumi inebrianti proprio grazie alle altitudini delle montagne circostanti.
La zona è protetta da una DOC Pollino, che autorizza la produzione di vini a bacca rossa, definendone ovviamente i comuni per la produzione, con un invecchiamento minimo di almeno due anni.
Le terre vulcaniche dell’Etna
Ultima tappa del giro vini in alta quota è la meravigliosa terra vulcanica dal fascino arcaico dell’Etna.
Terra infuocata dalla lava del vulcano ancora attivo più alto d’Europa, vulcano al centro del Mediterraneo dei miti e delle leggende, sole e calore di una terra che si trova nella punta estrema dello stivale, costantemente accarezzata e carteggiata dai venti incessanti dell’isola.
Oltre alle meraviglie del parco dell’Etna, che si visita sia con un trekking completo che attraverso la funivia con camminate più semplici, troviamo coltivazioni di ulivi, piante grasse e filari di vecchie viti, impiantate nella sabbia e nella pietra, che assumono le forme scultoree da bronzo di Riace.
Giungiamo davvero all’apice dell’espressione del territorio nel calice, grazie al microclima unico: suoli vulcanici, escursioni termiche, i monti Nebrodi a nord che fanno da scudo protettore, il mare a sud-est, il calore mediterraneo ed il freddo di montagna combinati sia nei bianchi, con le acidità estreme, con note salate pungenti, ed aromi di agrumi importanti mentre nei vini rossi troviamo eleganza nelle note affumicate, profumi di erbe da macchia mediterranea, ed a volte spezie dalle più dolci alle più secche di tabacco.
Spesso nei rossi ritroviamo tannini presenti ed espressivi capaci di far perdurare nel tempo i suoi vini.
Vitigni autoctoni anche qui dall’alto valore espressivo come il Cataratto o il Carricante per i bianchi, e Nerello Mascalese o il Nerello Cappuccio per i rossi, spesso si avvicinano più ad espressioni altoatesine che al carattere caloroso e mediterraneo che ci aspetteremmo, qui nasce la loro unicità, un territorio così a sud dove questi autoctoni peculiari si esprimono in maniera egregia, grazie a quest’oasi sviluppatasi negli anni ed anche alla presenza della terra vulcanica ed a tutti gli altri elementi del territorio dell’Etna.
Un trekking quello dell’Etna, attraverso il quale si scopre un paesaggio oltre che scenico e ricco di cultura, molto interessate fatto di differenze tra suoli, esposizioni, ed altitudini in evidenza nei nostri calici.
La denominazione DOC Etna permette dal 2011 di citare in etichetta la Contrada di provenienza del vino, facendo cosi nascere i “vini di contrada” esprimendo i Cru, ovvero i vini provenienti da una o più vigne in uno specifico territorio: il valore aggiunto che va oltre il varietale e la tipologia.
Come nel Barolo e le sue Menzioni Geografiche Aggiuntive, le Contrade sono in numero definito di 133 in totale, mentre come a Montalcino si divide la collina in quattro versanti, cosi accade nei versanti dell’Etna: Il Nord, con maggiore presenza di cantine ed ettari vitati, pendii più dolci, altezza di 800 slm, ed escursioni termiche ottimali che danno vini strutturati freschi e longevi; l’Est affacciato sul Mar Ionio, 900 slm ed influenza marina, molti sono i bianchi prodotti in quest’area: fini, verticali e longevi; il Sud-Est in alta quota con vigneti distesi su coni eruttivi spenti, influenza marina e ottime esposizioni, danno vini equilibrati e di buon corpo; infine il Sud-Ovest con vigneti in alta quota oltre i 1000 mt ed influenza dei venti caldi, con maggiori esposizioni danno vini più corposi, spesso carichi di colore, ed intensità olfattive e tannini importanti.
Insomma, una Strada del vino quella dell’Etna da conoscere, approfondire, e visitare per capire realmente le piccole grandi sfaccettature del territorio, e dei frutti che lo contraddistinguono.
Emozioni assicurate in alta quota
Vini che raccontano di profumi e freschezze inedite, sapori ampi e ben definiti, unici nel loro genere.
Vini che raccontano di energia, calore e luce di montagna, e che spesso si cerca di mediare il meno possibile tra l’espressione di montagna e l’espressione nel bicchiere.
E mentre in pianura arriva il sole tropicale con coltivazioni di banane, avocado, frutta matura e succulenta, lo scenario delle alte quote potrebbe essere la fortuna per adesso, un modo per salvaguardare e continuare a sperimentare coltivazioni che resistono alle grandi escursioni come i vitigni ritrovati, gli autoctoni delle zone montane, che oggi sono prodotti di estrema qualità e risultato di eccellenza nel nostro paese.
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