Terra di migrazione dalle radici antiche
Vi ho raccontato, nel primo viaggio in questa terra lontana, di Città Colorata, Tango, Malbec e delle province molto legate, oggi, al vino: l’Argentina è una terra ricca di cultura e natura spettacolare, e non soltanto terra d’immigrazione. Anche qui esistono popoli autoctoni antecedenti alla conquista coloniale degli Europei. Il nome Argentina deriva dal latino argentum (argento), ispirato dai primi conquistatori europei che ricevettero in regalo dagli indigeni oggetti realizzati con il prezioso metallo.
Una delle popolazioni indigene più rinomate si chiama Mapuche, ma molte altre abitavano questa meravigliosa terra. Complessivamente, si stima la presenza di almeno 500mila indigeni, originari di diverse aree e appartenenti a vari gruppi etnici. Da sud a nord se ne trovano ancora moltissimi, come i Quilmes, una popolazione locale stanziata fin dai tempi più antichi nella Patagonia meridionale e il cui nome è oggi associato anche a un famoso marchio di birra locale, molto nota a Buenos Aires.
La presenza dell’uomo in questo vasto territorio risale a tempi ben più antichi della storia dell’”uovo di Colombo” che ci è stata raccontata. La Patagonia era abitata da tribù nomadi di cacciatori e agricoltori, mentre molte popolazioni autoctone si stabilirono nel nord, come i Guaraní, i Mapuche nelle Ande settentrionali e persino gli Inca, che governavano parte dell’Argentina occidentale.
Fino a quel momento, le tradizioni legate a pratiche agronomiche, cibi, bevande, arte e cultura furono sviluppate autonomamente dalle popolazioni locali. Gli Europei entrarono in contatto con il territorio solo dopo il 1500, attraverso le esplorazioni geografiche di Amerigo Vespucci e Gonçalo Coelho. Gli Spagnoli fondarono i primi insediamenti, imponendo molti aspetti della loro vita quotidiana, tra cui una forte influenza religiosa di stampo cattolico. Con le grandi immigrazioni del XIX secolo, si stanziarono in Argentina molte popolazioni europee, tra cui anche gli Italiani, che influenzarono profondamente la cultura locale, sia per quanto riguarda il cibo che le bevande alcoliche.
Oltre il Malbec argentino, Mate e Fernet
Se parliamo di vino, ci riferiamo a due varietà principali, ampiamente raccontate: il Malbec, originario della regione francese di Cahors, che in Argentina si esprime con ampi sentori fruttati e strutture corpose e succose, diventando il perfetto accompagnamento per le carni locali e l’asado. E il Torrontés, un bianco aromatico coltivato fino a 3.000 metri di altitudine nella provincia di Salta. Grazie alle latitudini favorevoli del Sud America, qui è possibile praticare la viticoltura d’alta quota, permettendo alle uve di raccogliere al meglio i raggi solari delle Ande e sviluppare profumi unici. Il Torrontés, in particolare, mantiene un’acidità ottimale grazie alle forti escursioni termiche.
L’Argentina si distingue anche per le sue produzioni biodinamiche e per l’utilizzo di macchinari estremamente innovativi nel settore vinicolo, con un approccio sostenibile sia in vigna che in cantina. Un panorama affascinante per il quinto produttore di vino al mondo.
Ma lo scettro della bevanda più consumata e amata spetta al mate, noto anche come yerba mate, un infuso a base di erbe essiccate e aromi naturali, dalle proprietà energizzanti, sazianti, diuretiche, digestive e antiossidanti. Il mate non è solo una bevanda, ma una vera e propria tradizione, un rito quotidiano di condivisione. È diffuso in Argentina, Uruguay, Paraguay e nel sud del Brasile, e viene preparato versando l’infuso in un apposito contenitore chiamato bombilla. Le sue origini risalgono agli aborigeni, che già nell’antichità lo consumavano per le sue proprietà benefiche.
Parlando di contaminazioni europee, troviamo anche la storia del cocktail più amato in Argentina: il Fernandito, un drink italo-argentino entrato ufficialmente nella lista dei cocktail IBA. Si tratta dello storico Fernet con Coca, diffusissimo in Argentina già dagli anni ’80. La combinazione di Fernet Branca e cola, servita con ghiaccio, divenne rapidamente un simbolo della cultura locale.
Si dice che questo cocktail sia nato nella città di Córdoba, la capitale culturale dell’Argentina, per poi diventare popolare anche a Buenos Aires. Il suo successo è legato all’ammirazione degli argentini per l’Italia e per i suoi prodotti, e si è affermato in un’epoca in cui il Cuba Libre dominava le cocktail list. Il Fernet con Coca è diventato così una bevanda di consumo quotidiano e un classico dopo pasto. La passione degli argentini per questo amaro erbaceo ha portato l’Argentina a diventare il primo paese consumatore al mondo di Fernet e uno dei principali poli produttivi.
Una mappa gastronomica variegata
Un paese spettacolare ai confini del mondo, dalla terra lontana e dalla natura incontaminata della Patagonia fino alla provincia di Salta, all’estremo nord del paese, con relazioni con il cibo e le tradizioni antiche delle popolazioni locali, tutte da scoprire.
L’Argentina si divide in quattro regioni, con diverse tradizioni gastronomiche: il nord-est, influenzato dalla popolazione Guaraní, che basava la propria alimentazione sulla manioca (pianta anche conosciuta come cassava o yuca), la zucca, frutti tropicali come la papaya, il formaggio proveniente dai pascoli locali e il pescato dei fiumi Paraná e Uruguay. Inoltre, la popolazione indigena conosceva molto bene l’uso e le proprietà medicinali di tutte le piante della foresta circostante.
La zona centrale iniziò ad alimentarsi con prodotti tipici locali come le pernici, il nandú (uccello) e la vizcacha (roditore), ma, dopo l’arrivo degli spagnoli, la cultura del cibo si orientò verso il bestiame, cucinato con metodi europei, come i bolliti di carne o gli arrosti. Fu introdotto il grano, con empanadas e dolci; più tardi arrivarono inglesi e tedeschi, e infine gli italiani, che con l’utilizzo del grano introdussero la pasta e la pizza.
Infine, la Patagonia, terra della carne di guanaco (lama) e, dopo la colonizzazione spagnola, anche di cavalli e pecore, nonché di frutti di mare dell’Atlantico. Con l’arrivo dei tedeschi si introdussero marmellate di frutta locale e frutti rossi, mentre con l’arrivo dei gesuiti ci si focalizzò sulle coltivazioni di mele nella Valle del Río Negro. I tratti distintivi della cucina argentina partono sì da tradizioni locali, ma hanno un’influenza molto impattante derivante dalle colonizzazioni, mescolando tradizioni e prodotti locali eccellenti con la cultura mediterranea o altri influssi culturali; la carne e la farina di frumento sono sicuramente prodotti locali eccellenti amplificati dalle contaminazioni gastronomiche europee.
Storicamente, gli indios si spostavano nelle pampas, le pianure prive di boschi comprese tra le Ande cileno-argentine e l’Oceano Atlantico, cacciando animali locali come le viscachas, una sorta di roditori istriciformi sudamericani, oppure i lama guanico e i nandú, una specie di uccelli molto grandi, e li consumavano crudi. Pescavano i pesci dell’Atlantico e coltivavano il mais. In altre zone, invece, le popolazioni locali si concentravano su patate e carne di lama, ma cucinandole e utilizzando sistemi di irrigazione già molto avanzati.
L’arrivo coloniale fece svoltare le tradizioni locali, modificando le pratiche di allevamento del bestiame e portando cambiamenti che ancora oggi ritroviamo nelle varie contaminazioni gastronomiche.
Protagonista indiscusso della cucina argentina, tramandata fino ai giorni nostri, è la carne, nelle sue varie sfaccettature: dalla tipica bistecca con o senza osso, come il churrasco o il bife, alla escalopa, scaloppa rosolata con farina di frumento, o ancora le albóndigas, polpette di manzo cotto, fino alla grande tradizione dell’asado e i suoi metodi di preparazione.
La produzione di carne argentina avviene sotto sistemi di controllo estensivi, dove gli animali pascolano in campi naturali e di altissima qualità.
Questa forma di produzione, che si basa sul “libero allevamento” degli animali all’aria aperta, conferisce alla carne argentina qualità riconosciute in tutto il mondo per il suo minore tenore di grassi e colesterolo.
Il suo sapore è considerato unico proprio perché gli animali vengono allevati “in campo aperto” ed alimentati esclusivamente a pascolo naturale.
L’asado è il piatto argentino che non può mai mancare sulle tavole, sinonimo di riunione, amicizia, festeggiamento e famiglia. Propone diverse varianti, tra cui l’asado alla griglia o in cuoio (tipico della campagna), alla piastra o al forno (tipico cittadino). Se è in cuoio, occorre valutare differenti variabili, dal luogo adeguato di preparazione, come attizzare il fuoco di legna o di carbone vegetale, alla distanza tra la griglia e le braci, evitando che queste producano fiamme troppo potenti. È necessaria una temperatura forte all’inizio e moderata dopo.
Un vero e proprio rito, quello dell’asado, che consiste nell’infilzare l’animale, aperto e pulito, su una croce di ferro e conficcarlo nel terreno vicino al fuoco di legna. La carne cuocerà per molte ore mentre l’asador, colui che taglia le parti cotte, le servirà ai commensali. Per la preparazione può essere utilizzato il taglio reale da brodo, che una volta cotto alla griglia risulta molto saporito. Impossibile non accompagnarlo con il chimichurri, condimento fondamentale composto da cipolla, aglio, pomodori, prezzemolo finemente tritati e mescolati con olio e aceto.
Indubbiamente, la carne bovina è il piatto forte della cucina argentina, proveniente principalmente dalla Pampa e dal Nord. Si può dire, giustamente, che sia la migliore al mondo. Altre carni da provare sono le parilla, ovvero le grigliate di carne con diversi tipi di tagli, molti anche sconosciuti a noi europei, come i muscoli addominali, le costillas (costine), le anchuras (frattaglie), il chinchulín (intestino tenue), il chorizo, la tripa gorda (intestino crasso), il lomo (filetto). A volte, si aggiunge una fetta di provolone da far dorare, la cosiddetta provoleta, una prelibatezza carnivora a tutto spiano.
Per gli amanti della carne, tipico è anche il cuero, la preparazione dei gauchos della Pampa sudamericana. Qui la bestia (agnello, maiale oppure manzo) viene pulita, riavvolta nella propria pelle e seppellita in una fossa scaldata precedentemente con braci, sopra la quale viene acceso un nuovo fuoco per far cuocere la carne nel proprio grasso.
Il curanto, invece, è carne fatta a pezzi con verdure ed ortaggi vari, avvolti nelle foglie di pangue, una pianta perenne che cresce nei boschi delle Ande e della Patagonia. I suoi gambi commestibili, sia freschi che cotti, hanno un gusto aspro, leggermente salato e rinfrescante, che conferisce agli ortaggi un sapore particolare. Il tutto viene poi cotto in una fossa preriscaldata.
Tra le carni barbecue o arrosto, c’è ancora il choripán, preparato con carne di maiale o salsiccia di cinghiale, lo street food più apprezzato dagli argentini. Non possiamo dimenticare le empanadas, gli involtini/sacchetti di pasta ripieni di carne, formaggio, uova, olive e cipolla, cotti al forno oppure fritti, uno street food con una tradizione secolare.
Infine, la humita criolla, un piatto originario delle Ande, una zuppa principale composta da cipolle e pomodori fritti, a cui si aggiungono mais, fecola, spezie, formaggio di capra, sale e zucchero, diluito con latte fino a raggiungere una consistenza cremosa. Passione per la carne, sfiziose salse di accompagnamento, snack da aperitivo e street food, zuppe locali con ortaggi e foglie delle piante delle Ande. Un viaggio fatto di contaminazioni gastronomiche preziose, dal cibo alle bevande, tra vecchio, antico e nuovo.
Al prossimo viaggio, tra cibi e bevande di mondi lontani.
Cheers!
Barbara Costantino
Formatore Sommelier