Qualsiasi prodotto ha un costo di produzione, un prezzo di vendita e un valore. Il vino non sfugge a questa situazione.
A noi consumatori colpisce in prima battura il prezzo al quale lo compriamo e, spesso, giudichiamo la bontà dell’acquisto osservando un valore assoluto – il prezzo appunto – senza però considerarne sia il costo di produzione, sia il valore che quel vino assume. Spieghiamoci.
Il costo di produzione di un vino include tutti i fattori che rendono possibile l’esperienza di aprire una bottiglia, versarne il contenuto e – possibilmente – apprezzarlo. Di questi fattori, alcuni appaiono palesi (uva, bottiglia, tappo, trasporto), altri sono assunti come inclusi nel grande processo produttivo, ma spesso hanno un impatto importante sul costo complessivo: progettazione, terreni per i vigneti, ore di lavoro in vigna, quantità di uve ottenute dalle piante (si parla generalmente di rese per ettaro), costi per la comunicazione, personale amministrativo, e mille altre voci.
Nel bilancio di un’azienda produttrice, la voce “maturazione” incide molto sul costo di produzione: pensiamo ad un vino che spende 2 anni in una botte, fermo in cantina, prima di essere commercializzato; ebbene, quel vino necessita di una botte, di un’assicurazione, occupa uno spazio inutilizzabile per altri vini, personale che ne controlli l’evoluzione, senza tener conto del ritardo per il produttore di rientrare dell’investimento effettuato. Tutti questi costi avranno chiaramente una ripercussione sul prezzo finale di vendita.
Quindi, il prezzo finale di vendita da cosa differisce rispetto al costo di produzione? Semplificando, somma a quest’ultimo i margini di guadagno per gli intermediari che ci consentono di accedere fisicamente alla bottiglia – commerciante al dettaglio, distributore, importatore, ecc… Chiaramente, un minor numero di passaggi comporterà un minor prezzo finale rispetto ad una catena di distribuzione più articolata.
Mi capita spesso di sentire osservazioni sui margini di guadagno applicati dai ristoranti, rispetto alle enoteche. La tipica frase è “quanto ci mangiano sopra!!”. Sfatiamo – in parte – questo mito: è vero, i margini applicati dalla ristorazione sono ben più importanti di quelli applicati dall’enoteca, ma dobbiamo anche in questo caso tener conto di quei costi che spesso non consideriamo. Il ristorante ha una struttura ed una squadra di persone da gestire, e pagare; pertanto, i margini applicati ai prodotti venduti dovranno necessariamente essere tali da rendere l’attività economicamente sostenibile.
Volete un consiglio su come ottimizzare la scelta del vino, in termini economici, al ristorante? Se avete la possibilità e il tempo, procuratevi in anticipo la carta dei vini del ristorante e, individuati alcuni vini che potrebbero interessarvi, informatevi sui prezzi di vendita e scegliete quelli con la differenza più contenuta.
Ma, una volta strisciata la carta di credito in cassa, alla fine abbiamo fatto un affare oppure no? Da cosa lo valutiamo? Tutto dipende dal valore che noi stessi attribuiamo a ciò che abbiamo appena acquistato. Maggiore il desiderio di avere un determinato vino, e maggiore la soddisfazione di averlo finalmente acquistato, più alto il prezzo che saremo disposti a pagarlo. Fattori quali il senso di esclusività, lusso, rarità, ma anche celebrità e favori della critica internazionale contribuiscono nel far lievitare il valore che possiamo attribuire ad un vino.
Passando all’argomento qualità, come si collegano costo-prezzo-valore con questo aspetto? Ebbene, benché non esista una formula inequivocabile per spiegare la cosa, è pur vero che spesso – spesso, non sempre, e anzi meno spesso di quanto possa sembrare – un vino di alta qualità avrà un prezzo maggiore di uno di qualità inferiore e, per estensione, un vino più costoso potrà essere migliore di un vino più economico.
Senza diventare matti per risolvere l’equazione appena nominata, ragioniamo in questi termini: un produttore che intenda far maturare il proprio vino in piccole botti di rovere francese (le più costose) per un paio di anni, usando viti dalle quali ha ottenuto basse rese (minor quantità totale di vino), avrà tutto l’interesse a produrre un vino di qualità elevata, utilizzando le uve migliori, per poterlo vendere ad un prezzo più alto e giustificare tutto l’impegno profuso. E viceversa. Vien da sé che questa ultima affermazione può facilmente essere smentita da infiniti esempi, ma il concetto di fondo rimane corretto.
Tutto questo come si riflette su di noi, al momento dell’acquisto? Dovrebbe renderci più consapevoli di tutto quanto si nasconde dietro un piccolo cartellino appeso al collo di una bottiglia e, viceversa, essere preparati a pagare un prezzo adeguato alla tipologia di vino che stiamo cercando, consci del lungo percorso che quella bottiglia ha fatto, dal contadino che ha annusato per la prima volta il terreno della vigna al disegno dell’etichetta, prima di raggiungere lo scaffale, in attesa di soddisfare la richiesta di un appassionato.
Roberto Lo Russo
Formazione Sommelier Degustibuss Milano