La falanghina: origine e storia
La falanghina è un vitigno campano, tra i più coltivati della regione Campania con ben 2800 ettari vitati[1]. L’origine di questo vitigno è molto antica, si pensa infatti che fosse l’uva con cui si produceva il falerno bianco, vino molto amato dagli antichi romani, di cui ci raccontava Plinio il Vecchio nei suoi scritti. Ci sono due storie sull’etimologia del nome: una dal latino falanx, e cioè il palo a cui erano sostenute le viti; un’altra invece da falangina, ossia le falangi, le dita della mano a cui somiglierebbero alcune foglie della pianta che possono essere pentalobate.
La falanghina negli anni è spesso stata considerata un vitigno minore, che produce un vino di pronta beva senza troppe ambizioni o prospettive di invecchiamento. Non è molto conosciuto infatti al di fuori del territorio locale dove prima degli anni ’90 era venduto perlopiù sfuso. Spesso è stato oscurato dai cugini fiano (di cui quello di Avellino docg) e greco (di cui quello di Tufo docg), che invece sono riusciti a varcare i confini regionali e nazionali con buoni risultati. La sua storia più recente però è una storia di rivalsa e di riscatto, perché sta dando prova di essere un vitigno versatile, longevo e che può dare risultati altrettanto raffinati.
Grazie a uomini caparbi e capaci come il prof. Luigi Moio, i produttori Raffaele Moccia, Fulvio Cautiero o Leonardo Mustilli abbiamo avuto grandi esempi di come questo vitigno autoctono possa essere valorizzato e reso godibile nelle sue forme e sfumature.
Dal 2005 al 2014 le è stata dedicata anche una rassegna regionale chiamata “Falanghina felix[2]” organizzata dalla camera di commercio di Benevento e il patrocinio del comune di S.Agata dei goti, con l’obiettivo di mettere in luce le potenzialità ancora non del tutto sfruttate e apprezzate del vitigno. Analizziamo ora più nel dettaglio i tratti salienti di questo splendido vitigno campano.
Caratteristiche ampeleografiche[3] e organolettiche
La foglia di falanghina ha grandezza media o piccola, trilobata e meno spesso pentalobata con seni laterali profondi. Il grappolo è lungo o medio (18-24 cm) di media grandezza, mediamente compatto, più spesso spargolo, cilindrico, qualche volta conico per la presenza di una corta ala. Ha un acino medio, sferoide, regolare, con buccia spessa e consistente, di colore grigio-giallastro, con buona dotazione di pruina. Ha una produzione abbondante e costante, è un vitigno abbastanza vigoroso. Il vitigno germoglia precocemente e matura in terza epoca, cioè verso metà settembre. Si vendemmia da settembre a fine ottobre, in base al territorio.
Foglia e grappolo di falanghina
La falanghina può essere utilizzata per la produzione di vini fermi, frizzanti, spumanti e passiti. Sicuramente la maggiore produzione resta quella di vini fermi e da bere giovani, ma si può pensare anche di farla invecchiare o provare a cercare annate più vecchie. L’affinamento è prevalentemente in acciaio, ma in alcuni casi è possibile anche trovare qualche esperimento di stampo francese con affinamento in legno, come la falanghina “Svelato Sur Lies” di Terre Stregate.
I vini prodotti da falanghina sono di un colore giallo paglierino con riflessi verdolini. Al naso ritroviamo sempre una spiccata mineralità, un buon fruttato (mela, pera, banana), note erbacee e aromatiche (ginestra, basilico, fiori di campo). In bocca buona freschezza e media alcolicità.
Per la versione passita o per vini più evoluti il colore vira su un giallo dorato brillante, con sentori di frutta candita o in confettura come la marmellata di agrumi o di “pellecchiella del Vesuvio”, miele e anice stellato.
Territori di produzione
La falanghina è un vitigno prodotto in tutta la regione Campania, presente nella produzione di più di 150 aziende. In realtà quando parliamo di falanghina non parliamo di un vitigno bensì di due, per la precisione di due biotipi: quello sannita e quello flegreo.
Sono due infatti i territori più rappresentativi e sono proprio quelli dei due biotipi: il Sannio, in provincia di Benevento e i Campi flegrei, in provincia di Napoli.
La falanghina sannita dal 2011 ha una propria DOC (l’omonima Falanghina del Sannio) con 4 sottozone permesse: Guardia Sanframonti, S.agata dei goti, Monte Taburno, Solopaca. Qui, ai piedi del monte Taburno, i suoli sono in genere di matrice povera con scheletro argilloso e con prevalenza di marne mista a polvere vulcanica. Il clima fresco del Sannio, con buone escursioni termiche, favorisce lo sviluppo dei terpeni e un profilo aromatico deciso. La falanghina beneventana ha in genere maggiore struttura e complessità.
La falanghina flegrea appartiene alla denominazione Campi Flegrei DOC è comprende i territori di Cuma, Pozzuoli, Bacoli, Quarto, Monte di Procida. Qui i suoli sono fatti di terreni sciolti e vulcanici, che risentono molto della vicinanza del mare, i quali hanno consentito la preservazione di un patrimonio viticolo unico immune alla fillossera e ancora oggi coltivato su piede franco. La falanghina flegrea ha una nota predominante di mineralità e una maggiore sapidità.
Aziende esemplari
I vari stili di falanghina si possono apprezzare nei vini di aziende che portano avanti la filosofia del terroir, esaltando tutto ciò che la natura gli offre.
Per il Sannio alcune aziende in cui assaggiare e degustare la falanghina del sannio DOC sono Cautiero, Mustilli, La Guardiense (janare), Fattoria la rivolta, Aia dei colombi, Corte normanna (versione secca o passita), Antica masseria Venditti, Feudi di S.Gregorio sia con la versione DUBL metodo classico che nella versione secca Serrocielo. Queste aziende vi potranno dare un bel ritratto del biotipo sannita.
Per i campi flegrei le aziende da non perdere sono Agnanum di Moccia, La sibilla, Contrada Salandra, Cantine Astroni, “Settevulcani” di Salvatore Martusciello, Cantine Federiciane.
Altre aziende che hanno in catalogo delle ottime falanghine sono l’azienda Telaro (Galluccio CE), che con la sua “Vendemmia tardiva” fa una delle più memorabili versioni, Quintodecimo “Via del Campo”(Irpinia), Villa Matilde “Rocca dei leoni” (Roccamonfina), Sorrentino Vini per una falanghina della zona vesuviana (Boscotrecase).
Falanghina a tavola
La falanghina è un vino da bere e degustare sia come aperitivo che a tutto pasto. La si può apprezzare con un bello spaghetto e vongole in riva al mare oppure con una grigliata di pesce o con gamberetti dell’isola di Capri saltati sale e pepe. Nella versione spumante con un bel fritto di paranza o i famosi cerchietti di calamari. Nella versione passita potrebbe sorprendervi abbinata a una deliziosa pastiera!
Stefania Zona
Relatore per Degustibuss regione Campania, in possesso del secondo livello WSET, Sommelier AIS. Laureata in Culture digitali e della Comunicazione nell’Università Federico II di Napoli, ha fatto della sua passione un lavoro unendo gli studi all’amore per la sua terra e per il vino. Si occupa di comunicazione digitale nel settore enogastronomico. Ha collaborato con diverse associazioni, cantine e locali sul territorio per la realizzazione di eventi e degustazioni con l’obiettivo di promuovere i vitigni e i vini campani.
[1] I numeri del vino: istat 2010 http://www.inumeridelvino.it/2013/11/campania-principali-vitigni-aggiornamento-istat-2010.html – Tabella in foto 1
[2]Sito della manifestazione: http://www.falanghinafelix.it
[3] Catalogo viti: http://catalogoviti.politicheagricole.it/scheda.php?codice=079