Quel fazzoletto di terra toscana a quaranta chilometri a sud-est di Siena, sul confine della Maremma e delimitato da tre valli dei fiumi Orcia, Asso ed Ombrone, si chiama Montalcino.
Questa collina è la destinazione mondiale di turisti, studiosi, appassionati di agricoltura ed enologia, sportivi, e semplici pellegrini desiderosi di visitare questo borgo, che oltre a conservare le caratteristiche di un borgo rurale nel cuore della Toscana, rimane il più conosciuto al mondo per la produzione di vini di eccellenza.
Collina di Montalcino
La collina di Montalcino ha caratteristiche abbastanza uniche in termini di biodiversità, modelli agricoli, e vigneti; non c’è il culto della monocoltura ovvero la focalizzazione ad un unica coltivazione, ma bensì una diversificazione curata nel tempo lasciando spazio a boschi, olivi, ed altre colture, fenomeno unico di attenta politica di crescita del territorio, grazie alla contingentazione della produzione e tutela dell’ambiente circostante.
Oltre all’ambiente circostante c’è diversità sia climatica che pedologica: suoli differenti con presenza di sabbia, argille fini mischiate a calcari marini, suoli marnosi, scheletro, galestro (tipo di suolo pietroso), alberese (magna calcarea con alto contenuto di calcio) e rocce vulcaniche, quest’ultime provenienti dalla presenza del Monte Amiata, tutte in percentuali diverse a seconda di dove ci troviamo;
E poi il clima che a nord ci da stagioni più continentali, dove la presenza del vento di tramontana abbassa le temperature invernali, ad Ovest le brezze marine del maestrale sciolgono nelle uve quella tempra salmastra, a Sud dove la temperatura media è più elevata, la pioggia è rara, una sorta di conca completamente riparata dai venti dominanti, ed infine la zona Est con le terrazze che contemplano il monte Amiata, e dove si raggiungono altitudini più elevate e con presenza di venti che aiutano a ripulire l’aria.
Quattro zone diverse, quattro i versanti, con differenti esposizioni, ed un macroclima asciutto, in parte mediterraneo grazie alla vicinanza del mare, una buona ventilazione, ed infine la presenza del Monte che protegge e garantisce escursioni termiche ideali per garantire la freschezza e l’acidità delle uve che si ritroverà nel calice con la croccantezza del frutto.
La collina in passato assunse vitale importanza quando il primo turismo si sviluppò lungo la via Francigena, ovvero la via dei pellegrini e dei viaggiatori che durante il Medioevo si dirigevano a Roma, passando per Montalcino, ottenendo cosi il diritto di porto franco dell’epoca.
Milioni di viaggiatori transitavano qui per raggiungere il centro della cristianità (Roma), ed apprezzavano i vini della zona, tanto da farne aumentare la produzione già allora; fin dalla prima metà dell’Ottocento il vino più prodotto della zona era il Moscadello di Montalcino, vino dolce ottenuto da uve moscato che venne poi nel tempo sostituito con la produzione di Brunello tratto da uve sangiovese in purezza ed affinato in botte.
Nasce il progetto di questo vino con Clemente Santi, portato avanti da Ferruccio Biondi Santi, il quale costituì il marchio frutto dell’unione dei cognomi del padre Jacopo Biondi e della madre Caterina Santi, figlia di Clemente.
Inizialmente la produzione rimaneva confinata a livello nazionale, ma fece del Brunello dalla seconda meta dell’Ottocento una delle denominazioni più conosciute e simbolo enoico del nostro paese.
Iniziò a vinificare in purezza il Sangiovese e ne ideò il nome: apparso sulla medaglia d’oro ottenuta per il suo “vino rosso scelto del 1865” Il Brunello.
Questo paesaggio incontaminato e ricco di storia è iscritto dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità.
Brunello di Montalcino
Nasce cosi in vigna il Brunello di Montalcino, dove Il fattore umano, quel lavoro meticoloso in vigna conta moltissimo in questo territorio così rispettato nei secoli, per poi propagarsi in tutto il mondo e rendere omaggio alla sua fama internazionale.
Le viti sono coltivate a cordone speronato con potature corte, in modo tale da ridurre le quantità di grappoli prodotti dalla pianta, che poi vengono raccolti a mano ed accuratamente scelti: perfettamente maturi, sani e di migliore qualità.
Ciò che ritroviamo nei nostri calici dipende da un terroir miracoloso, ma è anche frutto di un lavoro accurato in vigna e successivamente in cantina.
E’ vero che è il Terroir che crea il capolavoro, ma anche che ogni anno poi fa la regola a sé: tutto cambia ogni anno perché se piove molto, saranno più favorite le zone con maggiore presenza di galestro, mentre nelle annate più calde o più fredde cambierà e si sposterà la “mezzaluna fertile”.
Il vitigno è il Sangiovese grosso con suoi cloni più rinomati Brunello e Prugnolo gentile, mentre il Sangiovese piccolo raccoglie tutte le altre varietà coltivate in Toscana (Chianti e Maremma).
La parte difficile nell’ottenere il risultato finale è di esaltarne la personalità del vitigno, e la territorialità, cercando di salvaguardare la freschezza, e la croccantezza del frutto, smorzando e domando i suoi tannini, a volte dovendone preservare la salinità se presente grazie al territorio dove viene coltivato, un gioco non semplice per i produttori del vino più famoso del mondo.
Partendo da sud-ovest abbiamo Vigna Spuntali, che è più asciutto e soleggiato, a 300 metri sul livello del mare, dove comunque si raggiungono le temperature più alte grazie alla quantità di ore di esposizione al sole; questi elementi fanno capire perché siano i primi vigneti ad essere vendemmiati ogni anno.
Il vino qui assume i sentori della macchia mediterranea, con note di un frutto rotondo che ha avuto esposizioni ottimali, e che si traduce spesso quasi in confettura.
Proseguendo a sud-est raggiungiamo la valle stretta sulla dorsale che scende in direzione di sant’Antimo.
Questa zona raggiunge elevate altitudini, e raccoglie il sole mattutino, subendo l’influenza dell’ex Vulcano Amiata, che ha rilasciato nel tempo suoli ricchi di galestro che da un’impronta al Brunello di queste zone, con note salate/sapide, con tannini delicati, e grazie sempre all’ex vulcano si ritrovano i sentori quasi affumicati della pietra focaia.
Ci troviamo nella zona di Poggio al Granchio, nome che deriva dal piccolo stagno al centro della proprietà sotto un leccio, dove si trovano i granchi di acqua dolce.
Infine sul versante Nord giungiamo alla Vigna del Lago, dove il clima continentale umido e freddo con altitudini medie, e i terreni hanno presenza di argilla, galestro e alberese; i vini risultano meno alcolici, più magri, con tannini fini e bouquet floreali ed agrumati importanti.
Cantine e Vigne del Montalcino
Si intraprende non solo un viaggio territoriale, nella piccola collina, ma anche tra i cantinieri e vignaioli che accompagnano i vini in questo lungo processo di maturazione e conservazione di un’identità.
E come nel Barolo e nella Valpolicella i produttori si dividono in tradizionalisti convinti che il Brunello necessiti dell’uso della botte grande per dilatare i tempi di maturazione ed un processo di scambio/microssigenazione con le botti, lento; mentre i modernisti si rifanno all’uso della barrique o tonneaux per ottenere vini più pronti ed accessibili ad un pubblico più ampio.
Dall’osservazione di come il vino si esprime a seconda delle diverse zone di coltivazione, si potrebbe pensare, come è stato fatto nel Barolo con le Menzioni Geografiche Aggiuntive (MeGa), ad una sorta di microzonazione delle aree del Brunello;
ciò al momento risulta ancora impraticabile, non tanto perché i produttori non si rendono effettivamente conto del valore aggiunto che esse conferirebbero a tutto il territorio, quanto piuttosto perché le aziende agricole, come risultato di secoli di “contratti e leggi”, nascono e si sviluppano su appezzamenti tra loro anche piuttosto lontani.
Negli ultimi anni però soprattutto le aziende nate in tempi relativamente recenti hanno visto la propria fama accrescersi proprio grazie ai vini “di vigna”, che vogliono valorizzare gli specifici terroir di un’area ben definita, con quel microclima e con quelle caratteristiche uniche.
Le etichette che riportano il nome della singola vigna si sono moltiplicate, andando di pari passo con i progressi negli studi e negli approfondimenti sulle tante differenze di terreni ed esposizioni nel vasto territorio della Docg.
Tradizionalmente, il Brunello è il prodotto dei “tanti” Sangiovese, che crescono nelle diverse aree del comune di Montalcino e che si arricchiscono, si completano, e si bilanciano, al fine di definire un’unica grande bottiglia;
L’azienda vitivinicola Banfi, pioniera della sostenibilità, ha mappato e microzonato tutto il proprio territorio, una sorta di zonazione interna, l’azienda crede molto infatti nella valorizzazione di ogni specifica zona, fino alla parcella, e pensa che il futuro del Brunello potrebbe quindi puntare al fatto che ogni singola azienda valorizzerà il suo singolo Cru.
Potrebbe essere quindi questo il futuro del Brunello? Noi ce lo auguriamo.