Il fascino di una regione di confine
Terra di confine, a nord est della penisola e nel cuore dell’Europa, tra le Alpi ed il Mare Adriatico, in questa linea sorge una regione dalle origini antiche il cui nome deriva comunemente dalla “romanità” del nostro territorio, composta da due parole aventi natali diverse: la prima, ovvero regione del Friuli, Forum Iulii, attuale Cividale del Friuli con sede nel castrum romano (l’accampamento) elevato poi da Giulio Cesare a Forum (mercato), e la seconda ovvero regione di Venezia Giulia in riferimento invece alla Regio X Venetie et Historie, la quale apparteneva invece alle tre Venezie.
Fu campo di diverse diatribe, poiché una parte delle popolazioni residenti erano slovene e tedesche, e durante il ventennio fascista subirono una sorta di italianizzazione forzata. Mi piace raccontare le regioni del nostro paese attraverso le varie leggende e anche qui ne troviamo diverse: quella della Bora triestina, il famoso vento che influisce sul clima locale ancora oggi, e su agricoltura e uve.
Si narra che Bora fosse la più bella delle figlie di Vento, padre dei venti, si innamorò dell’argonauta Tergesteo, e che travolti dall’amore vissero giorni indimenticabili in una grotta; questo avvenne senza avvisare il padre che, cercandola invano, quando la trovò si arrabbiò a tal punto da scagliare l’uomo contro la grotta uccidendolo. Bora scoppiò cosi in un pianto così disperato da trasformare in pietra ogni sua lacrima ricoprendo il prato verde dell’altopiano e facendo così nascere il Carso Triestino, famoso oggi per una viticoltura di nicchia, di confine, con vitigni autoctoni da poco riscoperti e sensazionali.
Sempre tra storie e miti d’amore, interessante è quella della “leggenda di mezzanotte” che risale ad un amore proibito tra il principe del Friuli e la figlia del contadino di corte, i quali si innamorarono proprio bevendo vino. La moglie del principe, accecata dalla gelosia, si vendicò preparando un incantesimo che li divise per sempre: fu così che il principe venne trasformato in cane durante il giorno mentre lei invece fu resa muta durante la notte mentre di giorno si trasformava in vino.
I due si potevano incontrare solo alla mezzanotte per pochi minuti, nei quali lui riprendeva le sembianze umane e lei diventava nettare di bacco, alternandosi così per sempre. Furono così separati, e l’unico modo per conservare l’amore era per lui sorseggiare vino di notte, e per lei riempire di un affetto non verbale il cane durante il giorno.
Il vino li fece innamorare la prima volta, e ancora oggi quando le viti di questa terra piangono (durante la primavera e la lacrimazione), pare che le donne innamorate si sveglino di soprassalto senza saperne il motivo, con il tenero sorriso dell’amore per il vino di questo fertile territorio di frontiera.
Crocevia di Culture e Colture..
Mix di culture di frontiera, Alpi, mare Adriatico, Austria e Slovenia, terra oggetto di contese, nonché crocevia di colture dove la vite ha trovato nel corso del tempo spazio per la diffusione grazie a terreni particolarmente vocati e differenti, clima e ortografia versatili e variegati. Terra di grandi vini, principalmente a bacca bianca, ricchezze enologiche e numerose varietà che si sono diffuse grazie ai popoli che si sono susseguiti durante le varie conquiste, Romani, Bizantini, Asburgo, e popoli slavi.
Patrimonio di autoctoni rappresentativi del territorio, e molto antichi, che si adattano a condizioni pedoclimatiche ed ambientali diverse: a sud della pianura friulana i terreni sono sabbiosi, argillosi e ricchi di minerali, il clima viene mitigato dalle correnti adriatiche, e le varietà autoctone sono il Moscato giallo e la Malvasia, oppure i vitigni internazionali come Sauvignon e Chardonnay.
A Nord nelle province di Udine e Pordenone a cavallo del fiume Tagliamento, i terreni sono invece alluvionali, sassosi e ghiaiosi, riparati dai venti freddi del nord con significative escursioni termiche sul finire dell’estate: questo regala acidità e aromi pungenti per le rinomate produzioni di DOC Friuli Grave, le varietà qui sono: Pinot Grigio, Riesling Renano, Tocai Friuliano, Traminer, Verduzzo, Pinot bianco, ma anche a bacca rossa internazionali come Cabernet, Merlot, oppure locali come il Refosco da peduncolo rosso.
Al confine con la Slovenia, i Colli Orientali Friulani, sono composti da terreni di argilla calcarea e sabbia calcificata, che permettono la coltivazione di vitigni locali e non, ad altitudini anche levate (400 slm): i vitigni sono la Malvasia, Picolit, Pignolo, Refosco, Ribolla, Schippettino, Tazzelenghe, Friulano e Verduzzo.
Infine il Grande Carso, impervio e selvaggio, composto da terra rossa d’Istria, ed il famoso vento violento La Bora: ritroviamo i vitigni più nascosti come la Vitovska, la Malvasia Istriana ed a bacca rossa le varie tipologie della famiglia dei Refoschi. In quest’ultima zona i vini hanno le acidità quasi da definirsi montane, ma anche la sapidità del mare, ed una viticoltura moderna ed innovativa, rispettosa del territorio che focalizza l’attenzione sull’espressione della natura del vitigno e la pura espressione del terroir.
Produzioni, in generale qui, contenute in termini quantitativi, caratterizzate dalla manualità delle vendemmie, tradizione e modernità per mantenere integrità nei prodotti finali e garantire standard qualitativi molto elevati. Vera bandiera della regione è il vitigno Friulano, un tempo chiamato Tocai Friulano, (come il Tocai veneto che ora si chiama solo Tai), dal nome del vitigno autoctono, ma a causa di una sentenza Ungherese che ne recriminò il nome originario (del famoso Tokaij vino da dessert) venne ceduto il nome Tocai al solo e unico vitigno dell’Ungheria lasciando così all’autoctono italiano esclusivamente il nome della regione.
È un vitigno delicato, gentile e ricco, identificativo del suo territorio, con sentori di fieno timo e camomilla, richiami amarognoli di mandorla, lo chiamano anche il vino che “non si abbina ma che si beve!”. La Malvasia Istriana, facente parte della famiglia delle malvasie e quindi aromatico per eccellenza, viene coltivato nel Grave lungo il litorale: ha spesso profumi floreali e di frutta polpa gialla, rotonda, e appunto aromatica.
Spesso si presta a macerazioni sulle bucce, dando così note più agrumate, salmastre e ammandorlate spiccate. I vini cosi macerati sono più corposi quasi con una trama tannica importante, da abbinare a piatti della cucina locale come zuppe e risotti di pesce, come il Brodetto triestino (Brodeto), preparato con piccoli pesci, molluschi e crostacei, oppure anche a formaggi Tomini e salumi, dolci e succulenti, come il San Daniele.
Il Verduzzo Friulano, viene coltivato nelle zone più collinari, è un vitigno davvero antico, descritto nell’opera Viti Friulane del 1800, con sentori di mele, pere e albicocche a tratti aromatico. Robusto, corposo e un po’ rustico, accumula molto zucchero in vigna dando un’alcolicità che non scherza. Spesso viene abbinato a pasticceria locale secca, come tipico connubio tra vino e dolce oppure da consumare a fine pasto con i formaggi locali.
La prima Denominazione di origine controllata e garantita dei colli orientali, si chiama Ramandolo da uve Verduzzo. Qui i profumi sono di miele di castagno spinti, e, se prodotto da uve appassite può raggiungere una elevata alcolicità. Il Picolit (la seconda DOCG della regione) è anche lui autoctono e antico: esisteva infatti già ai tempi dei romani e più avanti deliziò i palati dei Papi. Piccole le sue produzioni, piccoli i suoi acini e dolci, crescendo in vigna con il grappolo spargolo.
Il vino da queste uve da’ colori molto intesi e dorati, si presta ad affinamenti in legno, ha profumi complessi di frutta secca, polpa gialla e miele, nonché una parte floreale di ginestra. Perfetto per formaggi stagionati e pasticceria regionale. La grande Ribolla, il principe del Friuli Venezia Giulia, con origini antichissime, il cui nome deriva da Rebula (dalle origini slovene) diventata poi in diletto friulano Ribuele, ribolliva nei tini poiché contenente elevate quantità di acido malico.
Un vitigno robusto, che predilige terreni argillosi, vento ed escursioni termiche, matura tardi e di conseguenza si raccoglie tardi per favorire lo sviluppo dei suoi splendidi aromi, acido, elegante e fresco, e se macerato regala vini Orange impegnativi, profondi e corposi. Finiamo la lista dei bianchi friulani con la Vitovska, proprio quell’autoctono che rappresenta il confine, la cui origine sembra slovena (Vitez=Cavaliere oppure Vitaca=viticcio dell’uva), strutturato, e sapido, con profumi di fieno ed erbe aromatiche, nonché note agrumate, come spesso solo il lembo di terra del Carso sa regalare.
Cosi dai bianchi passiamo ai rossi, e la Ribolla nera, conosciuta come Schioppettino, è un vitigno prezioso, prodotto in poche quantità, e ritornato in auge solo tredici anni fa, con il suo finale amarognolo, mora selvatica, mirtillo, anguria, tannini poco marcati, senza mai trascurare acidità e alcol. I Refoschi, dai quali si estrapola il Refosco dal peduncolo rosso, di questa zona è violaceo, con profumi di prugna secca e mora, ed un sapore leggermente erbaceo, una sapidità marcata, tannino e acidità che non si dimenticano per niente.
Infine il Pignolo, bacca nera anche lui, note speziate naturali, tannini avvolgenti, frutta matura e perfetto se combinato alla brace oppure con salumi e formaggi stagionati. Produzioni ridotte, qualità elevate, risultati di un terroir favorevole e variegato, autentiche rarità nel panorama enologico mondiale, tutte da conoscere ed assaporare.
Terra e Mare nel piatto
Spesso cibi di terra, ma anche di mare grazie alla sua posizione strategica, contaminazioni di culture che emergono in piatti friulani che raccontano incontri e viaggi, come la Jota friulana (famosa in Slovenia e Istria) un piatto povero, una minestra a base di crauti, patate, fagioli e salsiccia e crostini di pane che riscalda gli animi di viaggiatori e di lavoratori. Questa minestra con un bicchiere di Terrano rosso del Carso, dalla famiglia dei Refoschi, sapido, croccante, un po’ rustico, in perfetta sintonia con questa zuppa tradizionale.
Il vero prodotto di punta è il prosciutto di San Daniele, crudo, gustoso, dolce e morbido anche quando è stagionato. Proseguendo sulla strada della tradizione, i brodi e le minestre sono un “must’ da queste parti, come il Boreto alla graisana, a base di pesce bianco, la razza o pastinaca, oggi conosciuto come il rombo, cotto in olio di semi, aglio, aceto e pepe nero, accompagnato da crostini di polenta e combinato ad un calice di Vitosvska sapido, croccante e sgrassante.
Il Golas, variante locale del gulasch della tradizione ungherese, la ricetta friulana prevede pochi ingredienti: cottura lenta di muscolo di manzo in cipolla, vino rosso e paprika con aggiunta di cumino e maggiorana; quest’ultima dà il vero tocco mediterraneo ad un piatto davvero di confine, speziato con la base di pomodoro, che necessita un vino aromatico, acido e corposo come una malvasia o un macerato di ribolla.
Nei caldi sapori autunnali friulani, troviamo un’altra zuppa importante, il Paparot, minestra di farina di mais e spinaci, una “pappa” spesso con aggiunta di foglie di rapa oppure di spinaci e salsiccia. Zuppa densa che va accompagnata ad un vino che sciolga la sua corposità attraverso acidità e freschezza del Friulano.
Impossibile resistere agli Scampi alla busara, cucinati con cipolla, aglio, e salsa di pomodoro, in guazzetto. Il significato “alla busara” ha due possibili origini: potrebbe essere una particolare pentola creata per cucinare sui pescherecci, oppure potrebbe far riferimento all’etimologia del termine che significa “imbrogliati” (in questo caso per via della salsa di pomodoro). Questo piatto si abbina ad un bianco uve Friulano, oppure un morbido Verduzzo, più aromatico e facile da combinare con il pomodoro.
Infine le paste tipiche: i Blecs, triangoli di pasta all’uovo e farina di grano saraceno con vari condimenti tra cui burro e salvia, sugo di cappone, o ancora con ricotta e finocchietto, erbette e prosciutto: tutti i condimenti abbinabili ad uno dei tanti Refoschi che la zona offre.
Ancora tra i primi piatti (originari della zona della Carnia), i Cjalsons, pasta che profuma di spezie, con formaggio ed erbette spontanee, una sorta di agnolotti ripieni da innaffiare con un rosso della zona del Collio, leggero e fresco. Per finire in dolcezza, il pan brioche soffice e burroso, di pasta lievitata a base di farina, uova, burro aromi e scorza di agrume tipico nel periodo Pasquale, chiamato Pinza triestina, oppure i biscotti a ciambella con cannella e chiodi di garofano, i Colaz, pasticceria da degustare con un bicchiere di Picolit.
Strade e volti che raccontano un territorio variegato, fatto di paesaggi, climi, suoli diversi e sapori enologici e culinari che si esprimono mischiandosi, contaminandosi e regalandoci gusti unici e rari.
Barbara Costantino
Formatore Sommelier