Molise Abruzzo Marche
Per concludere il Giro d’Italia tra vitigni e abbinamenti tipici, ci affacciamo sulle coste adriatiche, lunghe e distese, molto sabbiose, molto salate, ma anche fresche e frizzanti verso l’interno. Abruzzo e Molise, che in antichità erano abitate da popolazioni sannite e successivamente dai Normanni, e dove nel IV secolo a.C. venne introdotta la coltivazione della vite dagli Etruschi, dopo Toscana ed Emilia si spostarono verso il centro Italia a est, definendo così la viticoltura cosiddetta “apiana” per via della loro elevata componente zuccherina dei suoi acini.
Il territorio soprattutto in Abruzzo si presenta montuoso e di composizione calcarea, mentre la parte collinare si arrotonda ed ammorbidisce più ci si avvicina verso il mare. La parte che affaccia verso il mare adriatico ha un clima più mite, mentre più ci avviciniamo al Gran Sasso e alla Majella più aumentano le escursioni termiche che regalano grandi acidità e grande longevità ai vini della zona interna.
Anche nelle Marche la viticoltura risale agli Etruschi, un’origine così antica che anche le bottiglie ricordano le forme delle anfore etrusche: parliamo nello specifico di quella disegnata dall’architetto Maiocchi in onore del Verdicchio, il vitigno principe delle Marche sia sulla costa, I castelli di Jesi, sia nell’interno, a Matelica.
Le Marche, belle come la Toscana, ma meno di moda, senza grandi monumenti o lussuose tenute estese, mantengono la loro semplice autenticità, offrendo un turismo molto vero che offre cibo buono, vino di alta qualità ma rimanendo al contempo artigiani veri dei prodotti.
Cerniera tra Abruzzo e Puglia
Paesaggi incontaminati, montuoso e impervio Il Molise, pochi chilometri di terra affacciati sull’adriatico, una regione minuscola che sta vivendo un risveglio enologico grazie al desiderio di alcuni di voler rivalutare e reinterpretare i vitigni locali, come la Tintilia molisana.
Quaranta chilometri di costa e il 55% della superficie ricoperta da montagne, ma le vigne trovano in quel lembo di costa, sulle colline litoranee il loro migliore habitat, fino raggiungere i 500 metri sul livello del mare. Due fiumi il Biferno ed il Trigno scavano valli e creano i giusti crinali per la Tintilia che si adatta ai terreni e ci dona vini morbidi e di qualità.
Questa bacca rossa ha un nome che ricorda “tinta” perché grazie alla ricchezza di colore ha sempre un’intensa e profonda tonalità, nonché profumi speziati naturali, e frutti di bosco importanti e maturi; oltre a questo autoctono a bacca rossa, gli altri vitigni dominanti sono Montepulciano e Aglianico, espressivi e corposi: il primo più morbido e l’altro più muscoloso e tannico, e che se assemblati si compensano alla perfezione.
E cosa abbinarci se non una ventriciana? L’insaccato di maiale a stagionatura lenta, che un tempo si faceva essiccare in locali umidi, oggi essiccato e stagionato con sale, pepe e peperone dolce: una vera prelibatezza abbinato ad un calice di Tintilia; oppure una pappardella all’uovo con tartufo molisano.
Pensate che la regione ne offre ben 5 varietà a seconda della zona o della stagione, accompagnate invece da un bel calice di Aglianico: un tripudio di bontà!
Mare Adriatico, Gran Sasso e Majella
Risalendo l’Italia dell’est, a ridosso della litoranea, ci ritroviamo dopo pochi chilometri di Molise, nella regione delle grandi escursioni termiche, dei bianchi e dei rossi “buoni e quotidiani”, Grandi erosioni hanno caratterizzato il territorio verso il mare soprattutto, dando origine a terreni molto diversi, lasciando ghiaia argilla e sabbia; questo ha delineato nella viticoltura stili di vini profumati e corposi ma anche molto approcciabili, come il Montepulciano, il Pecorino, il Montonico e il Trebbiano.
Parliamo di Abruzzo, dove i massicci di Gran Sasso e Majella si trovano a breve distanza dal mare, ingenerano forti escursioni termiche che favoriscono una buona ventilazione mantenendo asciutte le uve e creando così un habitat naturale per la coltivazione della vite.
Il Re dei vitigni abruzzesi, vera bandiera del territorio è l’uva Montepulciano, una bacca rossa ricchissima di antociani, base per molti vini della zona: spesso in purezza si presenta con profumi densi, setosi e cremosi, ed una ciliegia che diventa marasca e sotto spirito in evoluzione. Con invece un breve contatto bucce – mosto dà origine al Cerasuolo, fresco, profumato e piacevole. Infine, se assemblato con l’Aglianico più tannico e strutturato dà origine al Biferno rosso.
Il nome Biferno, deriva dal fiume molisano conosciuto in epoca romana come Tiferno. Questa denominazione si esprime con vini potenti, strutturati, ricchi di tannino, ma comunque che mantengono una morbidezza non comune a molti.
Questi vini rossi, li assaporiamo combinati al piatto numero uno della cucina tradizionale abruzzese, il sapore autentico del territorio: gli Arrosticini. Diffidate delle imitazioni, loro sono solo di carne di pecora e cotti alla brace, croccanti e amarognoli, abbinabili ad un vino rosso succoso e morbido come il Montepulciano.
Chiudiamo con Pecorino e Trebbiano, facenti parte della stessa famiglia, ovvero i Trebbiani a bacca bianca: l’uno si presenta più strutturato, floreale, frutto ampio al naso e in bocca e di media acidità, mentre l’altro, più trasversale, esprime appieno il suo territorio capace di essere longevo e di stupire nel calice, fresco e netto.
Al Pecorino cosi floreale e fruttato, potremmo osare abbinarlo al piatto abruzzese della cucina povera, le Polpette cacio e ova cariche di proteine ma anche di uova e formaggio, semplicemente deliziose.
Il vino pretoriano del versante adriatico
Colline sinuose baciate dal sole, origini antiche, clima mite estivo e freddo invernale: per avere un buon vino è importante preservare il territorio, ed eccoci giunti nelle Marche. Un popolo di guerrieri, I Piceni (così chiamati gli abitanti di questa regione) che praticavano un tipo di viticoltura maggiormente diffusa nell’area compresa fra due fiumi: il Metauro ed il Tronto a cui corrispondono la zona di produzione del Rosso Piceno, il vino di Ancona.
Nell’area marchigiana di coltivazione della vite c’è poi una zona più ristretta, che presenta delle differenze non solo a livello culturale, storico e archeologico, ma anche a livello di tecnica colturale; l’attuale provincia di Ancona, dove il vino che secondo il Disciplinare odierno si produce, è diverso dal Rosso Piceno ed è denominato Rosso Conero. L’area del Rosso Conero, è una sorta di “enclave vitivinicola” nelle terre del Rosso Piceno, ed è la stessa area che fu sotto il diretto influsso dei coloni greci di Ancona.
Il Rosso Piceno rappresenta circa i 3/4 della produzione di rossi da queste parti, e solitamente prevede percentuali di Sangiovese assemblate al Montepulciano, o altri vitigni internazionali come Merlot o Cabernet, mentre il Rosso Conero oltre ad essere Montepulciano in purezza (o quasi) rappresenta un microclima ed un territorio molto preciso. I rossi marchigiani sono ricchi di profumi, spezie e frutta matura, talvolta se più vicini all’adriatico presentano note sapide marcate, e talvolta trame tanniche più spiccate con la presenza di Sangiovese o Cabernet.
Il Rosso Piceno è armonico e maturo, la versione superiore con passaggio in rovere è più strutturata e tostata, mentre il Rosso Conero più concentrato e morbido. E se in Abruzzo e Molise assaggiamo la Ventriciana qui assaggiamo, con i suoi morbidi rossi, il Ciauscolo il salume spalmabile insaccato di suino (pancetta, lombo, spalare prosciutto) aromatizzato con aglio vino bianco e pepe.
Ancora tra i Rossi, impossibile non provare l’uvaggio Lacrima, profumato, morbido e riconoscibile per le note aromatiche intense, da abbinare con il Ciavarro, la zuppa di cereali e legumi della provincia di Ascoli.
Tra i bianchi marchigiani, il grande Verdicchio, corposo e polpa gialla, a volte si presta a far legno e a seconda della zona più o meno interna, cambia la croccantezza del frutto; si può azzardare con questa gemma enologica a bacca bianca un abbinamento con Maccheroncini di Campofilone conditi con Ragù Marchigiano di manzo, maiale pollo e pecorino, un vino di corpo ma che sgrassa. Altre paste con questo condimento come le Lumachelle di Urbino (simili alle conchiglie), Torcelli o Stroncatelli.
Infine il Brodetto Marchigiano, la zuppa di pesce e crostacei, che se assaporata in riva al mare, deve essere accostata ad un bel calice di Verdicchio di Jesi.
Terre bellissime e austere
Queste tre regioni, affacciate sul mare, attraversate da rilievi montuosi, verdi pascoli, ed affacciate sul mare, hanno un legame con la tradizione più semplice e genuina dell’Italia centro-meridionale, estranea ad innovazioni e ricercatezze. Molti piatti comuni di una cucina robusta e ricca di sapori autentici, con vini distinti che rappresentano territorio e tradizioni singolari.
Barbara Costantino
Formatore Sommelier