È il vino italiano per eccellenza, in particolare dei vini toscani che in tutto il mondo si comparano ad un Chianti. Più dolce del Chianti, più corposo rispetto al Chianti, meno strutturato del Chianti… insomma essere un rosso toscano non è cosa semplice quando il paragone è d’obbligo tra i consumatori di ogni parte del globo. Tutta questa fama (meritata e antica, ma anche frutto di un sapiente marketing) viene condivisa anche dagli intenditori di vino, e un ottimo sommelier saprà sempre quale Chianti consigliare per una degustazione vini oppure un abbinamento a tavola. Come mai?
La storia e la fama di questo rosso, vengono da lontano…
La storia del Chianti, perché è il vino toscano più noto al mondo
Il classico fiasco di Chianti è cosa antica, ma non tutti lo gradiscono e lo sanno apprezzare, oggi che si trova nelle raffinate bottiglie delle tante aziende vitivinicole toscane. Perché non è semplice trovare il Chianti giusto, e per questo è necessario conoscerlo al meglio che si possa, dato che il disciplinare è vasto e complesso e si porta dietro una storia intricata.
Nasce nel territorio omonimo tra Firenze e Siena, tra sistemi collinari e valli che presentano zone a clima fresco e correnti dal mare, e altre più riparate con un entroterra caldo, che volge a sud est. Il terreno è calcareo e sabbioso, varia da zona a zona e questa è anche la base delle tante sfumature di Chianti.
Le uve coltivate sono quelle del Sangiovese, dal 70 al 100%, e minima parte di uve a bacca rossa e a bacca bianca (max 10%) da coltivazioni toscane tra cui Ciliegiolo, Canaiolo, Colorino, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon, Malvasia nera, Merlot, Trebbiano.
Rappresenta un simbolo del vino Made in Italy che tra i vini toscani si è fatto strada fin dall’epoca degli Etruschi – i quali portarono la vite e il dolce nettare del vino sul suolo toscano, testimoniati dai vasi del VI secolo a.C. ritrovati a Castellina in Chianti.
La viticultura continuò sotto l’impero romano e anche nel medioevo grazie al lavoro dei monaci delle badie come Passignano e Coltibuono. In un documento del 790 compare per la prima volta la dicitura Chianti, e la sua vinificazione, citata in alcune pergamene del 913, continuò da allora fino ad oggi; già comparvero nei documenti alcune famiglie rinomate per la coltivazione del Chianti, come gli Antinori dal 1385 e i Ricasoli dal 1141. Nello stesso periodo i commerci del vino fiorirono e a Firenze comparve l’Arte dei Vinattieri, aprirono osterie e cantine, e il nettare di Bacco divenne non più solo un lusso da tavole nobiliari ma una bevanda di largo consumo, fino a diventare persino un farmaco per cure mediche!
Nel Trecento il Chianti era un vino bianco, non rosso come l’attuale che conosciamo e non si sa esattamente quando cambiò colore, diventando il più rosso tra i rossi vini toscani…
Era comunque noto per la vivacità e la freschezza, caratteristiche date da un processo vinicolo che sappiamo prescriveva di aggiungere al vino dell’albume d’uovo e l’uva passa, per eliminarne le impurità, poi con l’aggiunta ulteriore di sale, mandorle, pepe e petali di rosa – tutto funzionale alla chiarificazione e alla colorazione.
La tutela di questo vino parte già nel Quattrocento, ma solo con il Granduca Cosimo de’ Medici nel 1716, si arrivò ad un provvedimento per regolare la vinificazione del Chianti, la sua tutela nel nome e le modalità di vendita. Soprattutto, si definirono le zone di produzione del Chianti, distinte da quelle del vino Pomino, Carmignano e Val d’Arno di Sopra.
La lavorazione del Chianti nel tempo subì diverse modifiche, come le applicazioni delle teorie di Bettino Ricasoli – la fermentazione in vasi chiusi, dopo la separazione dei raspi dalle vinacce, e la svinatura rapida. Un metodo che valse al Chianti di Brolio la medaglia d’oro all’Esposizione Internazionale di Parigi 1867. E, da qui, probabilmente iniziò la sua fama.
Si arrivò alla definizione dell’uvaggio del Chianti nel 1874, quella a cui si ispira il disciplinare del Chianti datato 1984 – un secolo dopo.
Il Consorzio di tutela del Chianti nacque invece nel 1924, quando 33 produttori della zona fondarono il consorzio Gallo Nero, già simbolo dell’antica Lega del Chianti.
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Denominazioni e caratteristiche del Chianti
Il territorio adibito alla coltivazione delle uve e la produzione del Chianti è stato definito nel 1933, pur risalendo come abbiamo visto, a secoli precedenti. Si tratta di 70.000 ettari di territorio compresi tra Firenze e Siena, snodato tra 8 comuni di cui 4 in provincia di Firenze – Greve in Chianti, Barberino Val d’Elsa,Tavarnelle Val di Pesa e San Casciano in Val di Pesa – e 4 in provincia di Siena – Castellina in Chianti, Gaiole, Radda, Castelnuovo Berardenga e parte del Comune di Poggibonsi.
Spesso vengono organizzati dei corsi di degustazione vino, per riuscire a comprendere al meglio il Chianti e i vini toscani, dato che in base all’esatta zona di produzione sono presenti diverse denominazioni Chianti – Classico, Chianti dei Colli Aretini, Chianti Rufina, Chianti dei Colli Senesi.
Il più rinomato è il Chianti Classico, prodotto secondo il disciplinare che è stato perfezionato nel 1996, relativamente al riconoscimento della DOCG – Denominazione di Origine Controllata e Garantita. Ogni annata, come sempre, incide sulle sfumature del Chianti e anche i fattori di raccolta e coltivazione sono alla base di questo blend unico di uve – le migliori andranno destinate alla Riserva. Il disciplinare prevede che provengano da vigneti che devono trovarsi su terreni situati a un’altitudine massima di 700 metri s.l.m.
Si allevano le viti sull’archetto toscano, variante della tecnica Guyot, e sul cordone speronato, una forma che consente la raccolta meccanizzata senza rinunciare alla qualità. Il frutto arriva a metà giugno, con la cosiddetta allegagione.
Dopo la raccolta uve, vendemmia ad ottobre, e vinificazione il Chianti deve invecchiarsi almeno 11 mesi e la Riserva per 24 mesi, di cui 3 in bottiglia per l’affinamento e il resto in botti di rovere di piccole dimensioni – il Chianti Riserva è il vino nobile di gran finezza, odore persistente e gusto chiaro.
Delizia al palato
Questo vino dal caratteristico colore rubino brillante, tra i vini toscani è quello che presenta un gusto unico asciutto, sapido e tendente al vellutato con la maturazione. I profumi di spezie e frutti di bosco, a volte floreali nella Riserva, fanno presagire la struttura forte e morbida al tempo stesso.
Buona tannicità, freschezza, eleganza: i vini toscani del Chianti sono sempre freschi ed equilibrati, rotondi e mai troppo corposi, con una complessità squisita nella degustazione, perfetta per l’abbinamento con il cibo.
Gli zuccheri contenuti sono massimo 4 g/litro e un’acidità totale minima del 5‰, a fronte di una gradazione alcolica minima di 12° (12,5 per il Chianti Riserva).
Negli abbinamenti, il Chianti Riserva rivela la sua eccellenza esaltando arrosti di carni rosse, selvaggina e grandi formaggi, come la tradizione classica della cucina toscana vuole per questo vino di non elevata tannicità.
Tra i vini toscani che regnano sulla gastronomia, il Chianti è ottimo anche come vino da meditazione e degustazioni uniche ed esclusive.
Ricordate solo di ossigenarlo a dovere, la bottiglia di Chianti va aperta qualche ora prima della degustazione, e va servito a temperatura 16- 18° in un calice a tulipano, che ne esalti gli aromi.