Regno dello Spartano Falanto
Falanto, un eroe della mitologia greca che, secondo le leggende, fondò Taras (Taranto), giunse per ordine dell’Oracolo di Delfi alla foce del fiume Tara con i suoi compagni fuggiti da Sparta. Qui la città venne chiamata Taranto in onore di Taras, eroe che secoli prima aveva visitato questi stessi luoghi. Figlio della ninfa Satyria e di Nettuno, dio del mare, Taras era il capo di una flotta che sbarcò alla foce del fiume e fece sacrifici per onorare il padre per il buon viaggio intrapreso e per propiziare l’edificazione della nuova città.
Taranto, una città antica e significativa della Magna Grecia, ospitava templi e meraviglie del mondo greco. Successivamente, divenne Tarentum Romana, e questa occupazione lasciò un’impronta in terra pugliese, come spesso accade nelle varie regioni del Bel Paese, con una fiorente viticoltura e vini di qualità. Orazio, con la sua arte poetica, evidenzia i luoghi della sua gioventù, segnalando vini pugliesi eccezionali grazie alle caratteristiche ambientali favorevoli alla viticoltura, le terre “dove regnò lo spartano Falanto… un angolo ridente… dove Giove consente lunghe primavere e miti autunni, ricca di fecondi vigneti, che produce vini che reggono il confronto con il Falerno.”
Come spesso accade, le origini sono molto antiche, e questa parte del “tacco” d’Italia ha conosciuto denominazioni prima greche e poi romane. Non solo, ma ha anche avuto contatti precoci con il tema della viticoltura grazie alle popolazioni dell’area della mezzaluna fertile, ovvero l’Egitto, l’Assiria e la Mesopotamia, che avevano già conosciuto e sviluppato la coltivazione della vite vinifera.
Fino agli anni ’90, i vini della Puglia venivano utilizzati come “vino da taglio” ed esportati verso il nord per essere rinforzati in termini di alcol e corpo. Dopo questo periodo, la produzione ha subito un netto miglioramento grazie alla consapevolezza dei produttori locali del valore dei vitigni autoctoni come il Negroamaro, il Nero di Troia, il Primitivo, la Malvasia, il Sussumaniello, il Bombino, il Verdeca e il Bianco d’Alessano.
Grazie ai terreni vocati, alle brezze marine e al clima soleggiato per molti mesi dell’anno, si sono create le basi per una viticoltura che, se attenta e rispettosa, può produrre vini apprezzati in tutto il mondo.
Questa è stata una rivincita degli autoctoni, una risorsa economica non da poco e un legame con la tradizione e la cultura locali. Ad oggi, la Puglia vanta ben 28 vini Doc e 4 Docg.
Rossi gagliardi e bianchi gustosi
La saga vinicola americana ricorda che verso la fine del XIX secolo, molti italiani sbarcarono sulle coste americane in cerca di fortuna. Il conte ungherese Agoston Haraszthy si stabilì a Sonoma (nella regione più fresca in prossimità dell’oceano) dove importò 200.000 viti di diversi vitigni, tra cui lo Zinfandel, un vitigno che rimase misterioso per un secolo e considerato autoctono dagli americani ma che, dopo uno studio del DNA dell’Università di Davis, rivelò le sue origini da Primitivo pugliese.
Il Primitivo è il vitigno per eccellenza conosciuto e coltivato in Puglia, ma non è autoctono, in quanto originario della Croazia, così come lo Zinfandel coltivato in California. Il Primitivo è principalmente coltivato nella zona di Manduria, una regione che è stata geograficamente aperta a varie influenze tra oriente e occidente. È chiamato “Primitivo” perché matura precocemente, germoglia tardi ma matura prima delle altre specie. Produce un vino alcolico, corposo e succoso, con note di frutta matura e una buona struttura.
Il Negroamaro, Nicra Amaro o Nero Leccese è un vitigno a bacca rossa autoctono, noto per il Salice Salentino, spesso assemblato con la Malvasia nera. È un rosso di grande fascino e un protagonista indiscusso dei rosati salentini. Rispetto al Primitivo, questo vitigno accumula più zuccheri in vigna, rendendolo alcolico e corposo, con un frutto caldo meno vivace del Primitivo, con note scure di terra, macchia mediterranea, sale, prugne e olive. Di solito hanno un finale terroso e una grande acidità mentre nei rosati, al contrario, è delicato e pungente nei frutti di bosco, amarene e fragole, oltre a evidenziare note di macchia mediterranea e fiori.
Oltre ai due pesi massimi del “tacco,” c’è un vitigno sempre a bacca rossa chiamato Uva di Troia o Nero di Troia, capace di conferire struttura, profondità, finezza ed eleganza rispetto ai vitigni menzionati in precedenza. Questo vitigno regala un frutto intenso di ciliegia e altra frutta, con freschezza e sensazioni erbacee, tannini più spinti e una nota iodata tipica delle zone costiere, come Barletta, Cerignola e Lucera.
Spostandoci più verso Brindisi, incontriamo il Sussumaniello, anch’esso a bacca rossa, caratterizzato da un colore intenso e una struttura robusta, recentemente diventato protagonista nelle vinificazioni. I vini Sussumaniello offrono note balsamiche, sentori di macchia mediterranea e fiori appassiti, accompagnati da una grande acidità e tannini potenti.
Non solo rossi, però. La Puglia, nella zona di San Severo in provincia di Foggia, la parte più settentrionale della regione, ospita un antichissimo vitigno, portato secondo quanto si dice dai Cavalieri Templari al loro ritorno dalla Terra Santa. Il Bombino bianco si è acclimatato così bene che anche nelle annate più secche mantiene delle acidità sorprendenti, con moderata alcolicità e un profilo floreale e mielato.
Il Verdeca, una varietà a bacca bianca più aromatica, offre note di frutta matura, polpa gialla, fiori di acacia e un’intensa presenza di agrumi. Non manca mai di presentare una sapidità vivace, un corpo apprezzabile e profumi mediterranei di erbe come il rosmarino e la salvia. Questo vitigno si trova soprattutto nelle zone di Taranto, Bari, Gravina e Valle d’Itria. Anche il Verdeca è stato introdotto in Puglia grazie alla colonizzazione greca.
La produzione dedicata agli autoctoni di questa zona cresce e si arricchisce, con un focus sulla valorizzazione in purezza. Non mancano produzioni di Aleatico, Bombino nero, Malvasia e Bianco d’Alessano, uve bianche e rosse diffuse in tutta la regione. Dopo anni di lavoro dei produttori per la conversione verso la produzione di vini di qualità, la Puglia ha finalmente ottenuto il tanto desiderato e meritato successo negli ultimi anni.
Oro verde della Puglia e taralli
Oltre alla viticoltura in questa regione, l’identità della Puglia si fonda anche sull’olivicoltura, con una materia prima di altissima qualità.
Il carattere e l’intensità olfattiva, insieme al corpo e alla struttura dell’olio pugliese, regalano profumi che spaziano dai più vegetali a quelli più erbacei o alla frutta secca. Questo prodotto si presta così a una grande varietà di abbinamenti locali grazie anche al fatto che la regione vanta ben 50 milioni di alberi di ulivo.
La “Puccia pugliese,” il panino più celebre della regione, è realizzata con semola di grano duro e sottoposta a una lievitazione di almeno 2 ore prima di essere cotta su pietra. Viene farcita con verdure grigliate oppure semplicemente con olio locale crudo e sale mentre a Gallipoli, invece, il panino è riempito con acciughe, capperi, provolone, pomodorini, tonno e pesce fritto.
La Burrata o la Treccia, appena uscite dal caseificio e ancora calde, le Friselle a base di farina di grano duro, sottoposte a doppia cottura al forno e poi bagnate nell’acqua tiepida, diventano deliziose quando sono addobbate con pomodorini e basilico, rappresentando una prelibatezza per un pranzo leggero. In alternativa, i taralli pugliesi sono perfetti per l’aperitivo e sono tra i prodotti ai quali è impossibile rinunciare se si visita questa regione, magari accompagnati da un bicchiere di Bombino bianco.
Tra i primi piatti, le Sagne, pasta fresca tipica della Salento, condite con passata di pomodoro e basilico fresco o le Orecchiette con le cime di rapa, accompagnate da un bicchiere di Salice Salentino o da un Rosato di Negroamaro.
La Focaccia barese, un’autentica delizia, è preparata con un impasto semplice a base di acqua, lievito, farina, semola rimacinata e patate lesse, che la rendono incredibilmente morbida. È condita con tanti pomodorini ciliegina profumati all’origano, olive nere e olio extravergine locale, rappresentando un condimento genuino. Questa focaccia alta, dal bordo croccante, leggermente unta e dalla consistenza sofficissima è perfetta in ogni momento della giornata, anche se la ricetta originale prevede anche l’aggiunta di cipolle sul fondo, per chi preferisce un piatto più leggero.
Le Cozze possono essere preparate in vari modi, con riso e patate o “arroganate,” richiedendo l’apertura delle cozze a crudo, che vengono poi riempite con pangrattato, pecorino e prezzemolo. In alcune versioni è anche possibile trovare delle uova nell’impasto, e un ottimo calice di Negroamaro rosato completa questa esperienza culinaria di sapori raffinati.
Infine, il dolce dei dolci, il Pasticciotto leccese, uno scrigno di pasta frolla ripieno di crema, perfetto se abbinato con un moscato o una malvasia.
Borghi da sogno, campagne di uliveti, spiagge e scogliere uniche, oltre alla materia prima generosa di una terra fertile e calda. La Puglia è stata colonizzata da vari popoli nel corso dei secoli, dalla Mezzaluna Fertile ai Greci, dai Romani agli Aragonesi di Spagna. Ognuno di questi ha svolto un ruolo significativo nella creazione della gastronomia e delle tradizioni culinarie di questa soleggiata punta della nostra penisola.
Barbara Costantino
Formatore Sommelier