A chi ha paura degli “intrugli” questo binomio può essere una specie di spauracchio; a chi ama invece sperimentare può suscitare curiosità e acquolina in bocca; per chi frequenta corsi da barman sempre più avanzati, si rivela come la nuova frontiera della specializzazione.
I cocktail molecolari, in realtà, intrigano un po’ tutti per le loro caratteristiche innovative e di vera arte del bartending – spesso serviti in un risultato unico a livello estetico e di palato!
Come si preparano i cocktail molecolari
Si parte da un tipo di lavorazione in uso tra gli esperti del bartending e della mixology, mediante la quale si modificano le molecole degli ingredienti del cocktail tramite un processo ben definito.
Si sfruttano sostanze naturali, non pericolose per la salute come fibre vegetali, alghe, amido, spuma, bicarbonato, anidride carbonica,azoto o ghiaccio secco e altri ingredienti, per eseguire lavorazioni di emulsione, sferificazione, gelificazione.
I passi da seguire sono basati sullo studio dei principi base delle tecniche della cucina molecolare: studiare i cambiamenti fisici e chimici che avvengono all’interno degli ingredienti del cocktail.
Il processo di sferificazione
Tramite questo procedimento si crea una bolla in grado di raccogliere il sapore degli ingredienti, che dovrà “scoppiare” in bocca sprigionandolo – la sfera si origina da una pellicola che si forma con il liquido stesso. Di certo, per creare una bolla tanto “potente” sarà necessario prima di tutto preparare un cocktail, dopo di che si dovrà filtrare e versare nelle formine di ghiaccio rotonde apposite per la sferificazione.
Le formine andranno messe nel congelatore, mentre si prepara il composto formato da una miscela di alginato di sodio, acqua e zucchero liquido, che dovrà essere shakerato un giorno prima dell’utilizzo (24 ore) o secondo altri, andrà miscelato con un frullatore ad immersione.
Si inseriscono in un bagno calcico (acqua con cloruro di calcio) in piccole dosi, tramite un’apposita siringa.
Si deve far riposare il composto per circa 2 minuti, dopo di che le sfere di ghiaccio che si sono formate, andranno sciacquate in un bicchiere d’acqua, girando pian piano e poi estraendole.
Le palline che contengono liquore, si originano quindi miscelando nella sferificazione il liquore madre, per poi liberare nel palato il loro concentrato di liquido alcolico. Potranno essere così servite su cucchiaini monoporzione, di regola utilizzati per le porzioni di finger food.
La gelificazione
Un procedimento in grado di trasformare un cocktail da liquido a gelatinoso, in uno stato “gommoso” grazie a degli additivi gelificanti.
Spesso si utilizzano l’agar agar, la gelatina, il gellano e la carragenina, per rendere la gelificazione del tutto naturale.
L’agar agar è un gelificante ricavato dalle alghe rosse, e spesso utilizzato dagli chef per preparare gelatine per dolci, dato che non altera il sapore originale del cibo. Si deve sciogliere la polvere di agar agar nel liquido del cocktail in ebollizione e aspettare che si raffreddi.
Anche la carragenina e il gellano provengono dalle alghe, e sono utilizzati con processi di raffreddamento.
Le riduzioni al cucchiaio
Si tratta di cocktail o liquori portati a ebollizione fin quando non tendono a concentrarsi in una piccola quantità, della grandezza di una gelatina.
Il risultato è quello di un cocktail meno alcolico (solo 1 ml di alcol) ma più concentrato, da mangiare al cucchiaio. Potranno essere così servite su cucchiaini monoporzione già utilizzati per le porzioni di finger food.
Altri particolari risultati nei cocktail molecolari sono la spuma nel cocktail, l’emulsione oppure il drink affumicato, la pressurizzazione con sifone o la frittura nello zucchero…
Per la preparazione cocktail, in ogni caso è sempre consigliabile lavorare con dei kit da barman, in cui sono presenti tutti gli strumenti necessari alla costruzione del cocktail molecolare.
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Scenografia dei cocktail molecolari
Alcune tecniche di cucina molecolare rendono uniche le presentazioni dei drink. A contatto con l’aria, per esempio, il raffreddamento tramite azoto liquido sprigiona una suggestiva nube fumosa attorno al bicchiere del vostro cocktail. Come mai?
L’azoto, quando viene aggiunto ad un cocktail, si raffredda rapidamente mentre il liquido bolle, producendo una nuvola di vapore.
Questa tecnica viene utilizzata da alcuni ristoranti ma è molto rischiosa per la preparazione, quindi spesso per effetti spettacolari si preferiscono le capsule dry ice di ghiaccio secco a -82 °C: creano una scenografia unica con il fumo che ne esce una volta inserito nei cocktail molecolari.
La storia dei cocktail molecolari
Da dove arrivano queste tecniche di preparazione? Già la gastronomia molecolare ha origini negli anni ‘80, quando il fisico Nicholas Kurti e il chimico Hervé This, docenti all’Università di Parigi, diedero una definizione della disciplina come “Molecular and Physical Gastronomy”.
Negli anni ‘90 diventò una tendenza gastronomica a Londra, riscuotendo successo per poi imporsi poi a livello internazionale, soprattutto grazie allo chef spagnolo Ferran Adrià – Davide Cassi è lo studioso italiano più rinomato in questo settore (docente di fisica e chimica dell’Università di Parma).
Da qualche anno è avvenuta una fusione fra queste tecniche di cucina molecolare e le ricette dei più famosi cocktail, cambiando il modo di gustare i drink!
L’applicazione di quest’arte nella preparazione cocktail in Italia è stata diffusa in particolar modo da Dario Comini, bartender del locale Nottingham Forest a Milano.
I mulecular bar: dove sperimentare i cocktail molecolari
Questi bar sono dedicati ai drink più creativi originati dalla molecular mixology. Cocktail molecolari scenografici e gustosi, modificati mediante le reazioni più impensate.
Molto diffusi in alcune capitali estere, in Italia si trovano cocktail molecolari al bar quasi principalmente a Milano, Roma e Padova. Eppure presto la moda si diffonderà: l’arte dei cocktail molecolari consente agli appassionati di assaporare il vero cuore di un cocktail, scoprirne il sapore altamente concentrato, la quintessenza!
I cosiddetti “bar chef”, baristi in grado di giocare con le molecole e sperimentare nuove ricette di cocktail non sono molti, ma di certo partendo da un corso per barman si può acquisire questa tecnica sopraffina ed esclusiva, tutta da studiare.