Il Vigneto meno esteso d’Italia
Se volete conoscere in pochi giorni la regione delle acque cristalline, borghi colorati e terrazze sorrette da muretti a secco antichi, dovreste pianificare un giro in terra di Liguria: riviera ed entroterra.
I variopinti borghi sul mare, case di pescatori e naviganti sono cosi colorati da essere riconosciuti da lontano in mezzo al mare, per tutti i marinai che dopo lunghe traversate tornavano a casa;
da Ponente a Levante piccole insenature naturali create tra mari e monti, Golfo dei Poeti o golfo Paradiso, sabbia o roccia, cornici certi a picco sul mare e sentieri arrampicati tra le rocce e tra i vigneti che trovano piccoli appezzamenti coltivabili.
Ebbene sì, i vigneti in Liguria hanno poco spazio per espandersi, una volta eliminata la parte impraticabile della regione (il mare, le montagne, le pianure alluvionali di scarso interesse, e gli agglomerati cittadini), quello che resta per la coltivazione della vite ed ortaggi è limitato ad una lingua di terra, ed in alcuni casi comunque in zone ripide e impervie, dette appunto eroiche.
L’arco montuoso è infatti situato a breve distanza dal mare, ed in quel poco che resta le vigne trovano piccoli spazi per espandersi, arrampicarsi ed affacciarsi a picco sul mare.
Dal confine con la Francia, zona della riviera di Ponente, fino ad arrivare a toccare la Toscana nella zona della riviera di Levante abbiamo una produzione enologica tutta dedita ai vitigni autoctoni, che spesso si sviluppano qui e solo qui: i grandi Vermentino e Pigato, bacche bianche, il primo coltivato in tutta la regione (e anche toscana e Sardegna), con sfaccettature differenti da est a ovest, mentre il secondo è il protagonista indiscusso del Ponente ligure con i suoi sapori avvolgenti e le acidità spiccate che lo rendono elegante e longevo; invece Rossese e Sciac-Tra (Ormeasco), le bacche rosse del Ponente, sono rappresentativi del territorio toccando spesso punte di eccellenza ed eleganza uniche.
Ultimo ma non ultimo il solista quasi indiscusso degli ultimi anni della zona est al confine con la Toscana a bacca bianca, riscoperto da non molto tempo: l’Albarola.
La vicinanza con il mare fa sì che le uve di Albarola debbano resistere ai venti salati e alle escursioni termiche derivanti dalle alture, cosi che il vento la protegga da muffe e marciume.
Pertanto il lavoro del viticoltore che vuole produrre Albarola, è di individuare quelle zone di maggiore vocazione con buona ventilazione e buona escursione termica; di fondamentale importanza il momento della raccolta, che negli ultimi anni lo vede in netta anticipazione, cercando di arrivare al giusto punto di maturazione e non oltre, per preservare la freschezza e le note erbacee aromatiche mediterranee (come timo, alloro, salvia e rosmarino) e quelle che ricordano la frutta a polpa gialla matura (come pesca e albicocca, o addirittura una punta tropicale che ricorda l’ananas).
Questo vitigno predilige terreni con una componente argillosa importante, ma anche a volte scheletro e ciottoli: questo si rispecchia spesso in un corpo più carnoso rispetto agli altri vitigni a bacca bianca della regione e note di polpa gialla più mature.
Da Ponente a Levante: gli abbinamenti perfetti
Acciughe impanate e fritte, ma anche al forno con olio taggiasco prezzemolo e aglio, oppure alici sotto sale su crostini di pane e burro, o ancora tortino di alici ripiene al forno, insomma acciughe da queste parti ne troviamo di ogni tipo, e tutte le tipologie trovano spazio per essere abbinate a un calice di Albarola.
Questo vitigno si presta a varie vinificazioni, dal semplice passaggio in acciaio di Bosoni, a un impegno in cantina più ambizioso come macerazioni e/o malolattica.
Ed ecco che oltre alle alici cucinate i molti modi, troviamo in questa regione le tipiche fritture più povere come quella mista alla ligure, le verdure degli orti come carciofi (rigorosamente di Albenga, nella riviera di Ponente), zucchine, fiori di zucca, salvia, frisceu di borragine (una tipica erba mediterranea che cresce in queste zone), panissa (una sorta di farina di ceci fritta), frittelle di baccalà, senza far mancare triglie e calamari.
Tutti piatti che da tradizione hanno bisogno di essere sgrassati con vini dalle acidità sostenute, dalla sapidità tipica del territorio e, come nel caso del Vermentino, della sulla aromaticità.
Proseguendo la tradizione, tra i primi piatti al primo posto c’è il condimento tipico: il pesto, che le nonne preparavano con l’utilizzo del mortaio, basilico a foglia piccola (prodotto rigorosamente nella zona di Pra del Ponente ligure) condito con olio extra vergine, pinoli, sale, aglio, e parmigiano (ma nella zona più vicino alla provincia di Savona, ancora più a ponente, si prepara con una parte di parmigiano e una parte di pecorino).
Questo condimento accompagna la pasta tipica come le trofie, gli gnocchi di patate e le trenette (una sorta di spaghetto piatto), aggiungendo al condimento patate e fagiolini.
Anche in questo caso i bianchi liguri aiutano a smorzare il forte sapore che lascia il pesto, accompagnandolo alla perfezione.
Questo condimento viene anche utilizzato per arricchire il minestrone, ovvero la zuppa di verdure dell’orto, che dopo essere stata centrifugata, viene spesso arricchita con un cucchiaio di pesto.
Oltre al pesto, abbiamo piatti più di terra come i ravioli al tocco, fatti a mano con un ripieno carne ed erbette aromatiche della zona come la borragine e la maggiorana, al sugo di carne a cottura lenta, il quale per essere accompagnato, ha bisogno di un vino dal corpo più sostanzioso e carattere più deciso, un bianco macerato come l’Albarola oppure un rosso più strutturato come l’Ormeasco.
Tra i secondi di mare che preferiamo citare c’è la buridda genovese, ovvero la zuppa di pesce con seppie, palombo, cefalo e stoccafisso, arricchita da capperi, funghi, e prezzemolo, servita con le gallette del marinaio, prodotto al forno con consistenza croccante, il tutto in un guazzetto di pomodoro; anche questo piatto predilige sapidità, acidità ma anche un buon corpo nel vino che lo accompagna, e l’Albarola spesso se vanificata con tecniche che la arricchiscono di più, si presta all’abbinamento.
Ovviamente il rosso perfetto da accompagnare a questo piatto può essere sia il Rossese che l’Ormeasco prodotto con una rapida macerazione.
Tra i secondi piatti di carne c’è il coniglio alla ligure, accompagnato da un vino che regga la nota salata spiccatissima delle olive taggiasche.
Infine mi sento di citare: torte salate a base di carciofi come la Pasqualina, che tipicamente si prepara per il pranzo di Pasqua, oppure altre a base di bietole, perfette sia come aperitivo che come secondo piatto; ed ancora le focacce, semplice, o al formaggio (tipica del Levante nella zona di Recco) o la pizzata, queste ultime sono l’una composta da una sfoglia sottile e con l’ultimo di formaggio cremoso stracchino, mentre la seconda ha una stessa base, ma che prevede oltre che il formaggio anche il pomodoro e le olive taggiasche.
Una tradizione gastronomica variegata, e che spesso si basa su prodotti semplici e poveri, e che rispecchia in ogni sua preparazione la morfologia del territorio: i mari e i monti.
Sia nel vino, che nelle vigne che si inerpicano tra i terrazzamenti, che nella cultura gastronomica infatti, la Liguria cerca di riportare i colori, i profumi di macchia mediterranea che spesso si ritrovano nei calici e nei piatti.