Chi mi conosce sa che mi innervosisco facilmente quando si affrontano argomenti legati al mondo del vino – che si tratti di viticoltura o marketing – e si pretende di avere risposte assolute, definitive e certe.
Recentemente ho assistito ad una conversazione tra quelli che si auto-definiscono “esperti di vino” (ma che io chiamo compagni di bevute) di fronte a un calice di Brunello di Montalcino di ottima qualità, grande equilibrio e superba concentrazione. Il discorso filava più o meno così:
“Questo Brunello non si smentisce mai”
“Sono pienamente d’accordo, d’altronde l’azienda XXX ha una densità d’impianto di ben oltre 6.000 piante per ettaro, con rese bassissime”
“Eh beh, con una densità così per forza! Le rese basse indicano SEMPRE un vino ottimale”
Mi stavano per venire le bolle, mi sono trattenuta e sono venuta a casa, a scrivere questo articolo.
Le basse rese per ettaro e le alte densità d’impianto danno sempre vini di alta qualità? La risposta è DIPENDE.
Rapporto tra resa e qualità: l’ABC
Definiamo alcuni termini.
- Densità d’impianto: si tratta della distanza tra filari e la distanza tra ceppo e ceppo nello stesso filare. Alcune regioni, come la Champagne AOC, definiscono la distanza nel loro disciplinare, altre lasciano liberi i viticoltori prevedendo solamente la densità minima per ettaro (quante piante per 10.000m quadri), altre ancora (come la maggior parte di quelle nel Nuovo Mondo) non prevedono limitazioni particolari. In generale, la densità può variare tra 1.500 e 10.000 e più viti per ettaro. Alcune parti di Bordeaux (Médoc, Saint-Emilion, Pomerol), nello Champagne e in Borgogna (Cote d’Or) hanno una densità di 8.000-11.000 viti per ettaro.
- Resa per ettaro: la quantità prodotta espressa in Tonnellate o ettolitri. La resa massima per ettaro deriva quindi dal rapporto tra foglie e frutto. In Languedoc la resa media è di circa 45 ettolitri per ettaro, a Bordeaux da 50 a 60 e in Champagne anche più alta.
- Qualità: è il rapporto tra il desiderio del produttore di produrre quanto più possibile da ciascuna vite, e la resa massima consentita a quella vite in quelle condizioni (o in base a quanto stabilito dai Disciplinari).
Un aspetto che cerco di sfatare durante i corsi per sommelier rappresenta quei retaggi culturali che hanno portato a ritenere che solo avendo alta densità e rese basse si possa ottenere una qualità del raccolto elevata. Ma questa è una visione assai limitativa e parziale perché non tiene conto dei fattori naturali, umani e legali che influiscono sulla qualità di un raccolto. Con la stessa resa si può avere la metà dell’uva su ogni vite se la densità è di 10.000 piante per ettaro rispetto a una densità di 5.000. Vediamo nel dettaglio.
L’influenza dei Fattori Naturali
Quando si parla di fattori naturali dobbiamo considerare il Clima, il Suolo e il Vitigno.
Parlando di Clima…
Per quanto riguarda il clima il gioco è abbastanza intuitivo: esistono climi freddi e climi caldi. Nei climi freddi – faccio l’esempio della Borgogna o del Sussex – si tende a coltivare le viti con una densità di impianto più elevata perché è più facile – in un clima ostile – crescere con successo e in maniera sana un numero minore di grappoli. Vediamo perché.
Nei climi freddi, ma in particolare nelle zone più vocate del Vecchio Mondo come la Borgogna appena citata, il suolo tende ad essere piuttosto povero di elementi nutritivi, per cui una elevata densità di impianto crea più competizione tra le piante per andare in profondità nel terreno e per trovare il giusto nutrimento. Una densità elevata significa che le radici di ciascuna pianta non riescono ad espandersi in orizzontale, perché incontrano un suolo troppo povero e, soprattutto, le radici del ceppo vicino; ecco che devono necessariamente andare molto in profondità.
Alta densità e radici ben profonde aiutano anche a difendere la vite dagli attacchi di gelate o periodi di freddo intenso, perché la fitta coltivazione funge da schermo e crea un microclima più mite.
In climi freddi le viti saranno piantate con densità elevate, quindi, e avranno alta manutenzione e interventi di potature corte che enfatizzeranno la massima esposizione ai pochi raggi del sole e permetteranno un’efficiente areazione contro l’eventuale accumulo di umidità.
E invece, cosa accade nei climi caldi? In queste regioni – faccio l’esempio di Mendoza in Argentina o di Riverina in Australia – la densità di impianto è più bassa, ma se non manca l’acqua (in via naturale o tramite irrigazione) e il suolo contiene adeguati elementi nutritivi le rese per ettaro saranno elevatissime e di alta qualità perché, anche se ho meno piante per ettaro (bassa densità) la piantina riesce a sfruttare a pieno e senza sofferenza tutto il suolo che ha a disposizione, potendosi permettere di crescere con successo molti grappoli sani e di elevata qualità.
Nei climi più caldi la gestione della Canopy è solitamente più densa, con sistemi di allevamento più lunghi o addirittura orizzontali per permettere un’adeguata protezione contro i forti e caldi raggi del sole senza rischiare malattie legate all’accumulo di umidità (come invece accade nei climi freddi sopra descritti).
Non è insolito trovare nei territori di Hunter Valley rese di appena 2.000 piante per ettaro con una produzione elevata ma di qualità.
In climi caldi ma secchi, dove l’approvvigionamento idrico non è sempre agevole, vigne vecchie come per esempio quelle di Syrah in Barossa danno rese bassissime, con densità altrettanto basse, di una qualità superba.
Visto? Dipende.
Considerando il Suolo…
Quando ci si riferisce al suolo dobbiamo pensare soprattutto alla sua capacità di trattenere elementi nutritivi e acqua. Definiamo i terreni poveri quelli molto drenanti e poveri di humus e elementi nutritivi quali azoto e potassio.
Quando il suolo è fertile e irrigato è preferibile dare spazio tra una vite e l’altra (quindi avere densità basse) per sfruttare al massimo tutte le potenzialità del suolo e avere una resa per ettaro elevata ma un raccolto di qualità.
Quando invece il suolo è povero e drenante, ma in un clima caldo, non vale più la regola descritta sopra per i climi freschi (come quelli della Borgogna): qui la densità dovrà comunque essere tenuta bassa, con sistemi di allevamento tipo Alberello che sfruttano il più possibile il suolo, proteggendo i (pochi) grappoli dagli agenti climatici come caldo, raggi solari e vento.
Quindi, anche in questo caso si deve rispondere: dipende.
Sì perché non solo il suolo è un fattore da esaminare a sé, ma come abbiamo appena visto dipende anche dal clima, possibilità o meno di irrigare, e dal sistema di allevamento.
Includendo il Vitigno…
Come ultimo degli elementi naturali si fa cenno alle caratteristiche proprie del vitigno.
Le uve bianche possono far fronte ad alte rese in maniera migliore rispetto alle uve rosse. Tra le uve rosse il Cabernet Sauvignon è in grado di far fronte ad alti raccolti meglio del Pinot Nero.
Per quanto riguarda la densità vitigni come Chardonnay e Pinot Nero preferiscono densità più elevate perché possono controllare meglio la vigoria e indirizzare in profondità le proprie radici.
Anche l’età della vite gioca un ruolo: come sopra esposto, viti vecchie tendono a produrre meno quantità di grappoli, quindi, a parità di densità, si tende ad avere rese più basse quando le viti hanno oltre 50 anni.
E infine, anche il sistema di allevamento incide sia sulla resa che sulla densità: uno Chenin Blanc, ad esempio, ha un grappolo molto grosso e tende a cadere in basso. Per questo è più indicato un sistema tipo il Cordone Speronato, dove il grappolo viene trainato in alto e non tocca o copre altri grappoli. Un sistema a cordone, però, tende a avere rese più elevate.
Non solo i Fattori Naturali
1. Fattori Umani
Per fattori umani si intendono la possibilità di meccanizzare le operazioni in vigna e le necessità aziendali di ritorno dell’investimento (ROI).
E’ abbastanza intuitivo definire che una vigna interamente meccanizzata tende ad avere densità più basse, perché deve sussistere la necessaria spaziatura tra filari per far passare i trattori. Ma ciò non necessariamente indicherà che il vino prodotto sarà di qualità inferiore perché la densità è più bassa!
Infine, se la necessità aziendale è di avere un ROI veloce, e quindi un ritorno dell’investimento in breve tempo, è più probabile che si decida per un impianto a densità elevata, anche se i costi sono più elevati sia per la fase di impianto che di manutenzione. Anche in questo caso, quindi, non necessariamente alta densità significa automaticamente alta qualità.
2. Fattori Legali
Last but not least: la Legge. I disciplinari impongono rese o densità per ettaro in molte regioni Europee: ad esempio nel Rodano è stabilita una resa massima per ettaro di 46Hl/H, mentre in Champagne si disciplina la metratura che deve sussistere tra filari (150 centimetri) e tra piante (da 90 a 150 centimetri) in modo che la somma delle due sia sempre inferiore a 250.
La densità e la resa altro non sono che indicatori parziali e non esaustivi della qualità che ci si aspetta in un vino, perché influiscono molti fattori naturali e umani, che smentiscono l’assoluto imperativo del “Alta densità = basse rese = alta qualità”.
Ecco. Ora capite perché mi stavano per venire le bolle?

Classe 1982, vive a Milano da oltre dieci anni, ma il suo cuore continua a parlare Toscano.
È una Wine Educator e consultant, studente del Master of Wine, in possesso del Diploma WSET, con una lunga esperienza su vini italiani e stranieri, oltre che distillati.
Svolge abitualmente attività di formazione a consumatori o aziende in campo Wine & Spirits, oltre che attività di Team Building dove l’obiettivo sia quello di socializzare e aprirsi ai colleghi. È un’esperta nella gestione di eventi di degustazione dove l’interazione con il pubblico è elemento essenziale.
Attualmente, oltre a rappresentare alcune aziende vinicole come Ambassador e Presenter, è Head of Education per l’Accademia Degustibuss International.